di Nathan Bonnì

Il coming out di Elliot Page come non-binary e la discussione sulla legge Zan hanno sollevato curiosità su alcuni concetti della cultura LGBT.

Cos’è il Binarismo

Alla fine degli anni ‘90, in Usa, nell’ambito dei Gender Studies, viene coniato il termine “binarismo di genere”, che indica una visione basata sul determinismo biologico:
– il corpo di nascita come “destino”, rispetto all’identità (opzione transgender non prevista) e all’espressione/ruolo di genere (non previste le persone di ruolo non conforme).
– gli unici orientamenti sessuali-romantici esistenti sono l’omosessualità e l’eterosessualità, rigorosamente basate sul sesso biologico del/della partner

Il termine deriva dal codice binario, che non permette varianti al di fuori dello zero e dell’uno.

Chi è “fuori dal binario”

Nei primi anni 2000, nascono luoghi di confronto, incontro ed autocoscienza, fisici e virtuali per tutte le persone al di fuori del “binarismo”:

– persone, anche eterosessuali, con espressione e ruoli di genere non conformi alle aspettative sociali
– persone bisessuali o pansessuali, oppure persone (omo/etero) che basano il loro orientamento sul genere del partner, e non sulla sua biologia.
– persone transgender che rifiutano la retorica del “nascere nel corpo sbagliato”, del “diventare uomo/donna” del “sentirsi uomo/donna”

Non Binary e Genere Non Binario

In passato vi erano alcune parole per descrivere le persone transgender che non si riconoscevano nel percorso canonico, parole come GenderQueer, Agender e GenderFluid. Nel 2013, in ambiente anglosassone, nasce il termine ombrello Non Binary (o Enby), che si diffonde, in Italia nella primavera del 2019, che comprende tutte le persone che non si riconoscono nelle narrazioni transgender mainstream.

Il termine ombrelllo “non binary” comprende:

– Persone che non si riconoscono nelle identità di genere “maschile” e “femminile”, concepite in chiave binaria
– Persone che decidono di non di apportare cambiamenti medicalizzati al corpo
– Persone che fanno ricorso alla medicalizzazione, ma non per le “pretese” della società, ma per avere un’immagine coerente con l’idea che hanno di sé. Alcune di queste persone fanno solo alcune modifiche, ad esempio alcuni interventi e non altri, o una terapia ormonale con microdosing.

Come relazionarsi alle persone Non Binary?

– Non dare per scontato che abbia scelto un nome neutro, o che chieda di rivolgersi a sé stessa al neutro: a volte una persona NB preferisce il maschile, o il femminile. Infatti, non tutte desiderano un documento col genere “neutro”: alcune sono per l’abolizione di questo dato su tutti i documenti (esclusi quelli sanitari) oppure desiderebbero comparire in uno dei due generi “tradizionali”.
– Non aspettarti che abbia un aspetto androgino. A volte potrebbe avere caratteristiche fisiche che lasciano intendere il suo sesso biologico, altre volte potrebbero apparire di sesso opposto a quello di nascita.
– Non pensare che sia meno grave, rispetto ad una persona transgender “canonica”, fare misgendering (rivolgersi alla persona con il genere grammaticale legato al suo sesso di nascita) o deadnaming (l’uso del nome anagrafico al posto di quello con cui si presenta).

Problemi dovuti al vuoto legislativo in materia

Le persone non Binary, attualmente, in Italia non hanno alcun riconoscimento legale specifico. Se desiderano cambiare nome e genere sui documenti, devono seguire il percorso trans canonico, che obbliga al trattamento ormonale, e permette un cambio dei documenti basato sull’idea del “cambio di sesso”: dal “sesso femminile” al “sesso maschile” o viceversa. Ciò crea grossi problemi, ad esempio, relativi al coming out sul luogo di lavoro o in fase di colloquio/invio curriculum: la persona viene lasciata sola, senza una legge che possa rendere più autorevole la sua richiesta di rispetto di nome e genere. Lo stesso avviene con la sanità. Misgendering e deadnaming fanno sì che la persona enby viva le visite mediche con disagio, e possa rischiare di smettere di prendersi cura della sua salute.

Il riconoscimento legale per una cittadinanza d’esistenza

Per dare dignità alla vita delle persone non binary, si dovrebbe legiferare a riguardo, permettendo un cambio di nome e genere senza obbligo di medicalizzazione, e la possibilità, per chi la desidera, di una terza opzione di genere oltre ad “F” o “M”. Solo con un riconoscimento legale, come già successo grazie alla legge Cirinnà, in relazione alle coppie omosessuali, si può sperare che cambi la cultura sul tema del genere non binario.

Articolo Precedente

“Una canzone per la ricerca”, il 22enne Antoine Ruiz vince la prima edizione: “Da non vedente racconto il modo in cui affronto la vita”

next
Articolo Successivo

Il toccante monologo di Valeria Solarino sull’identità di genere: “Sono maschio, sono femmina, sono tutto, sono Dio”

next