Esterno giorno – Parco di Villa Florio//inverno 1929. Il parco appare deserto, le panchine bagnate//Un rastrello abbandonato sul prato, foglie secche sul viale, mulinate dal vento//In un angolo, un’altalena, tesa fra due alberi, dondola vuota

Comincia così la sceneggiatura ritrovata di Gesualdo Bufalino dedicata alla vicenda leggendaria di Donna Franca Florio. Basterebbe questo incipit per “inquadrare” una scena con la capacità dello scrittore regista. Non solo cinefilo, ma l’autore di Comiso possedeva la naturale capacità di creare “vite parallele” con la magia della finzione.

Nel caso dell’epopea dei Florio la realtà ha fornito tutto il materiale necessario per raccontare una storia che, negli ultimi anni, ha riempito le pagine di diversi volumi diventati anche dei fenomeni editoriali. Evidentemente la vicenda di questa dinastia continua a catturare l’interesse dei lettori per i molteplici episodi degni di romanzi senza tempo. Tuttavia, l’impostazione di Bufalino rappresenta sicuramente un unicum poiché la sua scrittura minuziosa e ricamata ben si addice allo splendore di una figura femminile sempre luccicante, anche in periodi decisamente oscuri.

La “Regina di Sicilia” fu immortalata da un dipinto di Giovanni Boldini che consente al nostro sguardo di attraversare pienamente tutta la stagione luminosa della meravigliosa Franca. E lo stesso Bufalino sottolinea che “A quel tempo, a Palermo, le stagioni non erano quattro ma una, era sempre primavera“. Un continuo germogliare, una costante rinascita, una gioiosità floreale che non conosceva la fase dell’appassire. Eppure quelle “foglie secche sul viale, mulinate dal vento” sono l’immagine di un tramonto sebbene contenente “un’alba dentro l’imbrunire”. Tutto si rinnova e si trasforma.

Le correzioni bufaliniane assomigliano a quelle boldiniane. Tra la sceneggiatura (o più precisamente a questa “Ipotesi di trattamento breve”) e il dipinto vi sono delle chiare similitudini. Vi è stata la necessità di ritornare sui propri gesti creativi. Lo scrittore applicando nuovi pensieri sullo scotch, cancellando ma lasciando tracce visibili, mentre il pittore con nuove pennellate visibili soltanto ai raggi x. Se il mondo di Bufalino è quello dello svelamento, quello di Boldini è, invece, quello del fascino latente, accanto a quello manifesto.

Dalla telecamera di Comiso, lo scrittore con poche parole è riuscito a sintetizzare e semplificare il concetto “dell’ombra della luce” di questa famiglia rappresentata da questa Donna così presente ancora oggi, e non solo attraverso lo sguardo della tela esclusivo che la ritrae. “L’obbiettivo esplora, alle spalle di Franca, il grande salone. Vi sono accatastati mobili e arredi di pregio, coperti da teli bianchi, in attesa di imballaggio. Gli specchi sono tutti, tranne uno, velati. Con la faccia contro il muro quadri dalla ricca cornice. Su una scrivania alla rinfusa scrigni di gioielli, fasci di lettere, vassoi colmi di fatture e conti non pagati, oggetti di ricordo… dappertutto un’aria di desolazione. Franca assiste in piedi vicino al caminetto, silenziosa e con occhi di pietra. È vicina ai 60 anni, ma conserva sotto le rughe un bagliore di antica bellezza“.

Bagliore di antica bellezza che supera ogni aria di desolazione. Gli occhi di pietra sono quelli delle prove della vita. Uno sgombero in corso, mentre gli operai si portano via pezzi di memoria. Una dissolvenza. E sulle pareti spiccano le macchie dei quadri assenti. Che immagine! Lei che rivive attraverso un dipinto deve assistere alle pareti spogliate da ornamenti che raffigurano altri contesti o altri tempi. Ma in questa “ipotesi di trattamento breve” c’è tutto il senso della creatività di Bufalino capace, in questo caso, di raccontare l’essenza di una vita consegnata al mito: “Io sono Franca Florio, sono stata Franca Florio, mi chiamavano la Regina di Palermo“. Ecco la voce fuori campo che sembra uscire dalla pagina e dal dipinto.

E “mentre Franca parla, passano sullo schermo immagini di cieli, acque, giardini, vie signorili, fanciulle in costume d’epoca che si rincorrono in un girotondo…” Ecco la perenne Primavera, l’unica stagione al centro della vita di Donna Franca e della preziosa e sorprendente scrittura di Gesualdo Bufalino. Un ritrovamento che potrebbe davvero aiutare a riscrivere una nuova storia e la storia della Sicilia ai tempi dei Florio. Nelle ore in cui Franco Battiato lasciava questa terra il suo amico scrittore di Comiso tornava a far parlare di se… coincidenze? Forse. Ma ci piace pensare a questi nuovi “segnali di vita”.

In copertina: Ritratto di Donna Florio, olio su tela, Giovanni Boldini, 1924

Articolo Precedente

La zattera astronomica, Giulia Bignami racconta la sua infanzia tra noiose cene con astronauti e “premi Nobel insopportabili”

next
Articolo Successivo

Giovanni Falcone, dal “mistero dei pupi” alle storie della scorta: cinque libri per raccontare ai più giovani il giudice ucciso a Capaci

next