Si aggrava la crisi finanziaria della BreBeMi, che anche nel 2020 chiude il bilancio in perdita per quasi 96 milioni di euro, quasi il doppio dei 49 milioni, sempre di perdite, del 2019. Questo è il decimo anno consecutivo (ovvero tutti gli anni di vita della società) chiuso in passivo, per un totale di 382 milioni di euro di deficit.

La crisi del Covid ha soltanto aggravato il trend costantemente negativo di un’opera che non ha e non ha mai avuto alcuna chance di sostenibilità finanziaria, e ancor di più nessuna giustificazione sotto il profilo della domanda di traffico. Le tariffe di BreBeMi, come quelle di Pedemontana e TEM, sono più che doppie rispetto agli altri concessionari autostradali: servirebbe più che dimezzarle per aumentare il traffico ed evitare così che questa autostrada resti solo un peso sulle finanze dei pochi utenti e in futuro dello Stato che ci dovrà mettere una pezza.

A gravare sui conti della BreBeMi è lo scarso traffico – inferiore a quello di una strada provinciale da ben prima della pandemia – e un indebitamento finanziario netto che a fine 2020 si attestava a 2,3 miliardi di euro, dovuto a obbligazioni (1,64 miliardi), prestiti bancari (288,6 milioni) e finanziamenti dei soci (273,2 milioni). In dieci anni la società non ha ancora pagato una rata del mutuo acceso con le banche. Questo è anche un segno del fallimento dell’uso strumentale che si è fatto del project financing: se ne vantano i privati, ci guadagnano le banche ma a pagare è sempre Pantalone.

A nulla possono bastare le alchimie finanziarie utilizzate in questo periodo per rinviare il crac. Come l’adozione di strumenti partecipativi simili alle azioni e computati a patrimonio. O la richiesta a una parte dei creditori di sospendere la verifica di alcuni parametri finanziari legati al debito (covenant). E pensare che solo alla fine del 2019 la BreBeMi aveva rifinanziato il suo debito da 2 miliardi, che poggiava essenzialmente sui due finanziamenti del 2013, suddividendolo in una obbligazione da 1,62 miliardi e in un prestito bancario da 362 milioni.

L’autostrada corre per 62,1 km ed è stata realizzata per decongestionare il crescente traffico sulla già esistente A4 Milano-Brescia, ma non ha ottenuto questo obiettivo, visto che il traffico è cresciuto costantemente sull’A4 ma non altrettanto su BreBeMi, troppo cara. Inaugurata il 23 luglio del 2014, la A35 è costata il doppio del previsto per gli investimenti sostenuti, e il traffico non ha rispettato le previsioni di 80 mila veicoli al giorno, fermandosi a 20mila.

Per evitare il fallimento, la società ha ottenuto un finanziamento di 320 milioni da Stato e Regione, un allungamento della concessione di 5 anni (da 20 a 25 anni), e la possibilità di realizzare il collegamento con l’A4 a Castegnato (60 milioni di spesa e 30 ettari di suolo agricolo consumato oltre ai 990 ettari già utilizzati per l’autostrada).

Nonostante ciò, alcune società di consulenza vicine alla regione, tra cui spicca la Infrastructure Research & Advisory Unit, hanno dichiarato la BreBeMi un successo superiore alle aspettative. Il successo deriverebbe dal fatto che sull’asta Milano-Brescia sarebbero in costruzione 4 centri logistici: Cortenuova (BG), Offanengo (CR), Ospedaletto e Chiari (BS).

In realtà, in tutta la Lombardia i poli logistici sono cresciuti come funghi, ma il merito – a volerlo chiamare tale – non è di BreBeMi ma dell’esplosione dell’e-commerce e della moltiplicazione degli operatori della media e grande distribuzione. Ognuno di essi infatti realizza il proprio centro di rifornimento senza che il territorio ne sappia governare la localizzazione e l’impatto, senza mai pensare di recuperare le troppe aree dismesse, e lasciando che a farne le spese siano le aree agricole, sulle quali è molto meno costoso costruire.

Poco conta che il danno sia definitivo: sarà sempre presente un galoppino anglofono che, previo lauto pagamento, sarà disponibile a celebrare come successo quello che in realtà è un fallimento.

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