Anche la famiglia Maradona ha detto no! A cosa? Alla tassa sui grandi patrimoni che il governo di Alberto Fernandez, presidente dell’Argentina, aveva fatto votare a dicembre dell’anno scorso per aiutare il paese, in crisi economica permanente, ad affrontare l’ulteriore difficoltà causata dalla pandemia di Covid 19. E con la famiglia Maradona, molti altri hanno deciso di ricorrere alla giustizia per un provvedimento che giudicano incostituzionale.

La scadenza imposta dal governo per pagare era il 16 aprile ma, secondo un rapporto preliminare, ai primi del mese solo il 2% dei soggetti individuati aveva aderito. Si tratta di una tassa una tantum, su quelle persone che dichiarano un patrimonio personale superiore ai 2 milioni di euro. L’aliquota del 2% aumenta fino al 3,5% per i patrimoni superiori ai 3 milioni di euro. Chi aveva beni dichiarati all’estero avrebbe dovuto pagare una differenza del 50%. Se i titolari di queste ricchezze avessero deciso di far rientrare almeno il 30% dei loro beni sarebbero stati esentati da questo ulteriore aumento.

Secondo le stime dell’Afip, che sarebbe la nostra agenzia delle entrate, la tassa sulla ricchezza (che in realtà si chiama “aiuto di solidarietà straordinario per mitigare gli effetti della pandemia”) si poteva applicare a circa 9298 contribuenti. I deputati che avevano presentato la legge, tra i quali Maximo Kirchner, figlio dell’attuale vicepresidente Cristina Kirchner, pensavano di raccogliere circa 3 miliardi di dollari che sarebbero stati destinati all’acquisto di materiale per gli ospedali, a sussidi e crediti per le piccole e medie industrie, all’urbanizzazione di quartieri popolari, a borse di studio e a YPF, la società petrolifera che in Argentina si sta occupando delle trivellazioni per il petrolio nell’area della Patagonia settentrionale di Vaca Muerta.

Al momento la Casa Rosada esulta, ma è stato raccolto il 75% dell’obiettivo finale, parliamo di 2,4 miliardi di dollari (circa due miliardi di euro) e in molti hanno fatto le pulci, non solo a come è stata concepita la tassazione ma anche a come saranno ripartiti i denari raccolti. Ad essere contro questa tassa è stata una parte del Paese. Non solo i multimiliardari, che temono diventi definitiva, ma anche l’importante rappresentanza parlamentare del centrodestra, che fa capo all’ex presidente Macri. Contro, ma per ragioni opposte, anche la sinistra.

Per il Fit U, Frente izquierda de los trabajadores Unidad, che siede in Parlamento, la tesi è sempre stata che il ricavato della tassa fosse una pagliuzza nel mare magnum dei problemi economici dell’Argentina, che per il terzo anno consecutivo, nel 2020, era in recessione. Il ricavato, sostengono i parlamentari del Fit U, andrà solo in minima parte ai lavoratori e agli ospedali pubblici. Il suo ridotto impatto fiscale si deve – dicono – al fatto che l’iniziativa ufficiale fissa delle aliquote irrisorie e non grava le imprese, ossia non tocca le ricchezze che gli imprenditori hanno investito e che sono le loro principali fonti di guadagno.

Il progetto di Massimo Kirchner e di Carlos Heller riguarda, infatti, solo i patrimoni delle persone fisiche e solo i milionari che hanno il domicilio in Argentina e non quelli che, pur essendo argentini, risultano domiciliati all’estero, ad esempio nel vicino paradiso fiscale dell’Uruguay. Il progetto che avrebbe avuto più introiti sarebbe stato quello di mettere questa tassa anche sul patrimonio azionario e su quello delle partecipazioni societarie, oltre che sulle rendite bancarie e sul valore totale delle proprietà dei latifondisti argentini.

Ad oggi 300 persone hanno fatto ricorso alla giustizia per non pagare. “Utilizzeremo tutti gli strumenti a disposizione – ha detto Mercedes Marcò del Pont, presidente della Banca Argentina – affinché tutti i contribuenti soggetti a questa tassa paghino. È una battaglia culturale la nostra, perché tutti facciano la loro parte nell’aiutare il Paese”.

Tanti auguri dottoressa Marcò del Pont, ci faccia sapere come ci riesce.

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