Parto da due notizie. La prima è vecchia di parecchi giorni: Facebook è stato hackerato in tutto il mondo, in particolare, in Italia sono stati hackerati 35 milioni di account. La seconda è nuova e interessa solo me: tra quei 35 milioni c’era anche il mio! Ho usato il punto esclamativo perché io, anche per ragioni generazionali, ho paura dei social. Ho aperto il mio account in prima ondata di pandemia, per sentirmi meno solo, piangere e ridere con i miei (pochi) amici virtuali. Poi il fattaccio. Mi hanno spiegato che sarebbe bastato cambiare la password e il pericolo sarebbe passato. Per scrivere la vecchia password avevo usato le istruzioni dell’hacker americano fuggito in Russia Edward Snowden, che consiglia di non usare parole singole, ma frasi, tipo margarethatcheris100%sexy. Io usavo matteorenzinonèal100%uncesso. Chi poteva trovarla?

Vabbè, ora ne ho formulata un’altra con dentro Mario Draghi, ma ormai sono passati alcuni giorni: qualcuno ha in mano i miei dati e sicuramente vuole usarli per farmi del male. Chiunque mi dà consigli. “Non rispondere a sms strani e nemmeno a numeri che non conosci: potrebbero farti offerte commerciali che non gradisci”. Ormai è anni che due telefonate su tre sono per offerte commerciali che non gradisco.

All’inizio rispondevo gentilmente. Cercavo di convincere l’operatore o l’operatrice che di quel prodotto, almeno in quel momento, non avevo bisogno. Che mi spiaceva tantissimo. Alcuni, soprattutto quando chiamano dall’estero, cercano di fare amicizia parlando del tempo o del campionato di calcio: “Tua squadra quest’anno rischia serie B”. Chi aveva avuto la risposta “in questo momento non ne ho bisogno” era capace di chiamare anche due ore dopo: “ora ha bisogno?”. Adesso se per errore rispondo, dico che so dove abitano e che ho uno zio che è l’ultimo componente superstite della Banda della Magliana.

Mi dicono anche “Non rispondere a mail che ti offrono qualcosa!”. Ma ormai 9 mail su 10 sono offerte di qualcosa. Ho spiato nella casella di posta indesiderata e ho trovato ancora oggi mail gentilissime di ragazze di nome tipo Ulla o Ursula e ancora inviti tipo i tradizionali “Enlarge your penis”. Cosa possono farmi di più i cattivi del web? “I tuoi dati sensibili sono in mano al dark/deep web!” Ma quali dati sensibili? La data del mio compleanno? Mi manderanno una torta con la panna scaduta da settimane?

Ma chi sono questi cattivi che mi vogliono far del male? Deep Web e Dark Web sono due bande diverse? Tipo i Casamonica e gli Spada? Io me li immagino in una diabolica e fumosa caverna sotterranea nel deep/dark, nascosti, come nei film, da maschere tipo Salvator Dalì (Casa di carta) o Guy Fawkes (V per vendetta) o quelle degli ex-presidenti americani (Point Break). Tutti sghignazzano come ride Joker nell’omonimo film. Ho i brividi lungo la schiena e sudo sulla fronte!

E se invece gli hacker fossero dalla parte del bene? Ma come potrebbero farmi del bene? Mandandomi un accredito in bitcoin o dei buoni spesa Amazon? Faccio fatica a sperarlo. Sono convinto, invece, che prenderanno i miei dati per venderli a inserzionisti pubblicitari senza scrupoli, i quali li pagheranno a prescindere dal contenuto. Diffonderanno fake news che si moltiplicheranno e creeranno divisioni tra la gente. Dittatori come Putin e Kim Jong Un li useranno per destabilizzare le democrazie. Se fosse così i rischi di un degrado della conoscenza e della consapevolezza delle persone in tutto il mondo diventerebbe altissimo. Sarebbe sempre più difficile vivere in un mondo con una verità non condivisa. Ci sarebbe anche il rischio di guerre civili.

Se gli hackers vogliono vendere i nostri profili per mandarci notizie utili solo all’incremento dei consumi, notizie false da profili anonimi aggressivi, vorrei far loro sapere che queste cose le stanno facendo il web e i social già da tempo. In particolare Facebook. Quindi cari hackers, vi prego di ridare i dati a me e agli 35 milioni di italiani e di consegnarvi alla giustizia: la vostra è una battaglia già vinta.

Per approfondire:
– il film: The Social Dilemma, di Jeff Orlowski (Netflix)
– i saggi (citati anche nel film): Il capitalismo della sorveglianza, di Shoshana Zuboff; Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, di Jaron Lanier

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