di Francesco Spada

“In otto settimane siamo riusciti a costruire il Capitolo Sud, una base per invertire la rotta delle disuguaglianze nel lavoro, nella crescita, nell’accesso ai servizi. La Quota Sud del Pnrr è arrivata al 40%. Abbiamo difeso e implementato le cifre precedenti”. Queste le parole contenute in un post, di puro vanto, ma completamente privo di basi per vantarsi della, ahimè, ministra del Sud Mara Carfagna. Perché privo di basi? Presto detto.

Se l’Italia ha avuto maggiori fondi tra tutti gli altri Stati, è proprio per la questione meridionale, ovvero perché c’è una forte diseguaglianza nel paese, per cui il reddito pro capite al Sud è nettamente più basso, così come il tasso di occupazione e come i servizi. Infatti, l’idea iniziale, condivisa in Europa, era che almeno il 65% dei fondi andasse investito per rimediare a questi divari. Ora la ministra si bea che, addirittura, abbiamo raggiunto il 40% di investimenti, implementando le cifre precedenti!

Una donna del sud, che a mio avviso dovrebbe difenderlo con le unghie e con i denti, ritiene di aver raggiunto un enorme risultato se l’intero paese sfrutta le arretratezze del suo Meridione per avere più denaro e poi se ne dimentica al momento delle spartizioni! È come la famiglia che piange per il proprio figlio davanti alla commissione medica, per avere la pensione di invalidità ed arrotondare le entrate, e poi una volta ottenuta gli assicura solo il minimo dell’assistenza, giusto per mettersi a posto la coscienza e per poterlo sfruttare un’altra volta in futuro.

Prima di quello attuale, c’era un governo tendenzialmente di sinistra – fatto cadere da un toscano, tendenzialmente di destra e molto vicino a Confindustria – e che aveva un premier pugliese, un esecutivo non quasi completamente espressione del Settentrione a differenza di questo che ha soli due ministri meridionali, e che non aveva al suo interno, ma all’opposizione, una forza dichiaratamente pro-Nord, a sostegno delle grandi imprese (che si trovano tutte a Nord) e che ha il suo zoccolo duro nel profondo Nord; e il cui leader è il genero di un altro toscano, vecchio amico del primo che ha fatto cadere il governo, ed anche del leader di un altro partito di destra entrato nel nuovo esecutivo e che, guarda caso, è inoltre anche uno dei più ricchi imprenditori del paese.

A tutto questo sommiamo quanto detto da Goffredo Bettini, e che è stato volutamente lasciato passare senza far troppo rumore: “C’era un bombardamento sul governo che andava molto al di là dei suoi difetti, perché si muovevano interessi a cui quel governo non rispondeva. Forse troppo Mezzogiorno e poco Nord, troppa spesa sociale e non grandi industrie”.

Ora, mi chiedo, di fronte a tutto questo, possibile che politici, sindaci, presidenti di Regione, intellettuali meridionali, non battano ciglio? Possibile che siano tutti muti pur di conservare potere ed amicizie influenti? Possibile che chi dovrebbe essere la nostra risorsa si riveli, invece, la nostra reale condanna? Infatti, io non accuso tanto il Nord, perché sarebbe come prendersela con l’amante invece di prendersela con la moglie. Io accuso apertamente tutti coloro che contano e che sono espressione del Sud ma, o non sono in grado di pretendere rispetto, o si vendono per non pretenderlo. E me la prendo con tutti gli elettori meridionali, che continuano a dare voti a chi promette o regala un tozzo di pane, e non a chi vuole creare la possibilità di farselo da sé, il pane.

Molti dicono che ci vorrebbe una rivoluzione dal basso, ma io non la penso così, perché porterebbe a risultati effimeri, fugaci. Quello che ci vorrebbe davvero, è una rivoluzione dall’alto, uno slancio di dignità, uno scampolo di orgoglio, che faccia risvegliare la coscienza di tutti coloro che possono ma non vogliono rendere questo un paese più equo, e che godono del loro status, senza servirsene per le lotte giuste. Ma, come diceva Nietzsche: “Dove voi vedete le cose ideali, io vedo cose umane, ahi troppo umane”.

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