Non c’è pace in Serie A. L’assegnazione dei diritti tv per il triennio 2021-2024, arrivata al termine di settimane di tensioni e trattative, non è servita a metter fine alla guerra tra bande in Lega Calcio. Ha solo fatto da detonatore: le big del torneo (Juventus, Inter, Napoli, Lazio, a cui si aggiungono Atalanta, Fiorentina e Hellas Verona) hanno ufficialmente sfiduciato il presidente Paolo Dal Pino. Ormai siamo alle lettere degli avvocati. In calce, ci sono le firme dei presidenti e dirigenti più rappresentativi del torneo: Andrea Agnelli e Beppe Marotta, insieme al solito Claudio Lotito e Aurelio De Laurentiis. L’attacco è pesante da parte delle “sette sorelle”, che poi “sette sorelle” non sono (tra le big mancano la Roma, favorevole ai fondi, e il Milan, Scaroni è sempre stato vicino a Dal Pino).

Tutto nasce dai diritti tv. E dalla vendita un pezzo di Serie A alla cordata di fondi d’investimento capitanata da Cvc. Le due grandi partite economiche che si sono giocate ad inizio 2021 nel calcio italiano. La cessione del 10% della media company ai private equity per un totale di 1,7 miliardi di euro, progetto a cui proprio il presidente Dal Pino ha lavorato a lungo, sembrava fatta ad un certo punto. Poi però c’è stata l’asta dei diritti tv, andata oltre le più rosee aspettative con la maxi offerta di Dazn-Tim, in seguito a cui tanti presidenti hanno cambiato idea (visti i soldi freschi in arrivo dai diritti). A un certo punto la Lega si è spaccata: mezza Serie A era pronta ad assegnare il campionato a Dazn, l’altra metà insisteva per vendere prima o comunque ai fondi il 10% della media company. Ne è nato uno stucchevole braccio di ferro, per cui sembrava non si potessero assegnare i diritti tv senza vendere ai fondi, o viceversa. Fino all’epilogo, in cui l’offerta di Dazn si è dimostrata troppo vantaggiosa per essere rifiutata.

Ed è qui che arrivano le accuse a Dal Pino. Secondo i club sul piede di guerra, il presidente avrebbe giocato una sua partita nella partita, gestendo le convocazioni e le votazioni in assemblea in modo da favorire il progetto dei fondi (di cui lui è sempre stato il principale promotore). “Tutto ciò ha comportato la nostra ferma ed improrogabile necessità di manifestarle la nostra irrevocabile sfiducia”, si legge nella lettera. “Auspichiamo che la Lega possa proseguire con diversa guida e nuove visioni condivise”.

Al momento il n.1 di Lega non pare intenzionato a dimettersi ma è chiaro che diventa difficile rappresentare la Lega avendo contro cui una fetta così significativa di club (non tanto sul piano numerico quanto del peso specifico delle squadre). Ed evidenti saranno anche le ripercussioni sulla FederCalcio, di cui Dal Pino è vicepresidente, dopo essersi avvicinato sempre di più negli ultimi tempi al presidente Gabriele Gravina, di cui è stato uno grandi elettori alle ultime elezioni. Non è un caso, tra l’altro, che l’attacco sia arrivato subito dopo l’ultimo consiglio federale, in cui il n.1 Figc aveva parlato della necessità di cambiare i quorum decisionali in Serie A. Una mossa interpretata da molti come un tentativo di riportare in vita il progetto fondi e disinnescare il potere ostruzionistico di certi presidenti, a partire da Claudio Lotito (ormai principale avversario di Gravina), a cui però si sono aggiunti di recente pure Agnelli e De Laurentiis. Non sono passati neanche due mesi dalle elezioni Figc e il pallone ha già ripreso a litigare. È la cosa che sa fare meglio.

Twitter: @lVendemiale

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