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Autostrade, i Benetton e fondazione Crt verso il sì all’offerta di acquisto di Cassa depositi e prestiti. Che per il fondo Tci resta “illegale”

I soci della holding infrastrutturale arriveranno spaccati all'assemblea di lunedì, convocata per votare sulla proroga del progetto di scissione di Aspi. Edizione, la finanziaria della famiglia, ha fatto sapere che "non ritiene utile prolungare l’incertezza in attesa di ipotetiche offerte per tale partecipazione, anche alla luce dell’offerta vincolante in via di definizione da parte del consorzio di investitori che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti"
Autostrade, i Benetton e fondazione Crt verso il sì all’offerta di acquisto di Cassa depositi e prestiti. Che per il fondo Tci resta “illegale”
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Sarà infuocata l’assemblea degli azionisti di Atlantia di lunedì prossimo, convocata per votare sulla proroga del progetto di scissione di Autostrade con il conferimento del 55% alla nuova Autostrade concessioni e costruzioni. I soci della holding infrastrutturale ci arrivano spaccati. La notizia è che Edizione, la finanziaria della famiglia Benetton che attraverso Sintonia ha il 30% di Atalantia, giovedì sera ha annunciato l’intenzione di votare contro la proroga perché “ritiene più opportuno coltivare l’unica operazione espressa dal mercato”. Cioè l’offerta di Cassa depositi e prestiti e dei compagni di cordata Blackstone e Macquarie propedeutica all’uscita della famiglia, come previsto dall’accordo del luglio 2020. E “nel ribadire la propria fiducia nell’operato del consiglio di amministrazione di Atlantia, auspica che l’offerta venga quindi sottoposta al voto dell’assemblea per la valutazione della stessa da parte di tutti gli azionisti”.

“Edizione – si legge nel comunicato – ha preso atto dell’assenza, allo stato, di proposte di potenziali investitori per l’acquisto della partecipazione in Autostrade Concessioni e Costruzioni riveniente ad Atlantia per effetto di detta scissione – pari, in trasparenza, al 55% di Aspi – e non ritiene utile prolungare l’incertezza derivante dalla proroga di detto termine in attesa di ipotetiche offerte per tale partecipazione, anche alla luce dell’offerta vincolante in via di definizione da parte del consorzio di investitori che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti per l’acquisto dell’intera partecipazione di Atlantia in Aspi (pari all’88% del capitale di quest’ultima)”. E’ un via libera, dunque, nonostante si attenda ancora (entro sabato) l’offerta migliorativa chiesta dalla holding. Ma altri soci non sono affatto d’accordo. Se la Fondazione Crt – che ha il 4,85% – è sulla stessa linea dell’azionista di maggioranza relativa, per il fondo attivista britannico Tci l’offerta di Cdp è “illegale” e il board deve respingerla.

Per Jonathan Amouyal, partner del fondo Tci, secondo azionista di Atlantia e da sempre favorevole alla scissione ma soprattutto contrario all’offerta di Cassa, “noi azionisti di minoranza non dovremmo essere costretti ad accettare un’offerta illegale solo perché l’accordo proposto dal governo italiano ha imposto la vendita a Cdp”. I 9,1 miliardi proposti da Cdp insieme a Blackstone e Macquarie sono “molto al di sotto delle valutazioni indipendenti fornite ad Atlantia”: “l’offerta dovrebbe essere respinta con forza dal Cda di Atlantia”, chiarisce Amouyal, che si scaglia anche contro gli altri due azionisti, chiedendo ad Edizione di “svelare le stime imparziali che ha ricevuto” per giustificare l’offerta di Cdp e facendo notare che Crt, che insieme ad altre fondazioni è azionista di Cdp, è “in conflitto e si dovrebbe astenere dal voto”. A raccomandare la scissione poi sono anche alcuni ‘proxy advisor’, società indipendenti che esprimono raccomandazioni di voto ai fondi.

La resa dei conti arriverà lunedì nel corso della riunione, che per il Covid si svolgerà tramite il rappresentante designato. Nel frattempo si guarda alla prossima mossa del consorzio di Cdp, che ha tempo fino a sabato 27 per migliorare l’offerta presentata il 24 febbraio e già bocciata dal cda di Atlantia perché valutata sotto le attese. L’accordo con Cdp, afferma Equita Sim, eliminerebbe il rischio politico, risolverebbe il problema del debito nella holding (4,5 miliardi) ed assicurerebbe flessibilità finanziaria ad Atlantia.

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