“A Tavernola, non si può sapere esattamente in quale momento potrebbe staccarsi dal Monte Saresano, che sovrasta il lago di Iseo, una frana stimata in 2 milioni di metri cubi di materiale roccioso che potrebbe causare effetti disastrosi”. A pochi giorni dalla parole pronunciate in aula dal deputato bergamasco del Movimento 5 Stelle, Dori Devis, il parlamentare ha presentato, insieme ai colleghi Alberto Zolezzi e Claudio Cominardi, un’interrogazione parlamentare per chiedere al premier Mario Draghi, di proporre al Consiglio dei ministri la deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale sul Lago di Iseo, facendo chiaro riferimento al ruolo che potrebbe aver avuto, nella frana, il cementificio Italsacci, che dal 2018 fa capo alla Società Italcementi spa (del gruppo tedesco Heidelberg Cement). Proprio alle spalle del cementificio, infatti, si innalza il Monte Saresano oggetto, sin dagli inizi del Novecento, “di un’intensa attività cementiera con diversi passaggi di proprietà e con rilevante impatto ambientale e paesaggistico”. Nonostante le ripetute frane nel corso dei decenni “l’attività estrattiva è proseguita” scrivono i deputati, mentre “i dati registrati dai sensori che monitorano il Monte Saresano dimostrano un progressivo spostamento della massa franosa”. A febbraio 2021, l’area “ha iniziato pericolosamente a cedere in modo significativo, creando crepe ben visibili e movimenti importanti rilevati dagli strumenti di monitoraggio”.

L’ALLARME – E nonostante negli ultimi giorni la frana abbia rallentato la sua corsa, secondo Devis “la situazione è gravissima – racconta a ilfattoquotidiano.it – e per questo motivo serve un intervento straordinario a tutela della popolazione dei Comuni che si affacciano sul lago di Iseo, a partire da Tavernola Bergamasca, Parzanica, Vigolo e Monte Isola”. Nei prossimi giorni arriverà la relazione dell’Università di Bologna con un modello degli effetti della caduta della frana nel lago. “A quel punto – spiega – ci saranno tutti gli elementi per considerare l’adozione di una misura così importante. Per questo motivo ho deciso di sollecitare questa soluzione, che dovrà essere proposta dal presidente del Consiglio, considerati gli scenari elaborati dagli esperti e dalle Università e sentite le autorità competenti, compresa la Regione”. Lo stato di emergenza di rilievo nazionale consentirebbe anche di disporre di risorse finanziarie per l’assistenza alla popolazione e per gli interventi da attuare.

COSA STA ACCADENDO – Per dare un’idea del rischio che si sta correndo, sulla questione è intervenuto anche Antonello Fiore, presidente della Società italiana di geologia ambientale, parlando di una frana “molto pericolosa perché, in funzione della sua evoluzione e velocità di spostamento, finendo nel lago d’Iseo potrebbe generare un’onda anomala alta fino a 5 metri. Una frana – ha spiegato – molto probabilmente influenzata dall’attività estrattiva lungo il versante che sta cedendo”.

Eventi franosi sono già stati registrati in passato sul territorio. Da fine 2020, il rischio è tornato a farsi concreto con scivolamenti che sono diventati più significativi tra gennaio e febbraio (si è arrivati a una velocità di scivolamento di circa 2 centimetri al giorno). Secondo Nicola Casagli, presidente dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste e docente Geologia Applicata all’Università di Firenze, il volume instabile è stato stimato in almeno 1,5 milioni di metri cubi. “Immaginiamo un campo di calcio (105 x 65 metri) con una superficie di 6.825 metri quadrati – ha spiegato Fiore – per arrivare al volume di 1,5 milioni di metri cubi bisogna immaginare tutto il campo coperto di terra per 220 metri di altezza, in altre parole un grattacielo alto 73 piani”.

L’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE – Nell’interrogazione parlamentare presentata dai deputati del Movimento 5 Stelle si fa chiaro riferimento all’attività del cementificio Italsacci. L’escavazione di marna è avvenuta attraverso la coltivazione della miniera denominata Ognoli (nel comune di Tavernola Bergamasca) posta alle spalle del cementificio, fino alla fine degli anni ‘90, per poi proseguire con l’apertura di una nuova miniera verso il lato nord dello stesso monte, nel Comune di Parzanica (la Ca’ Bianca, ancora attiva). “Il Monte Saresano – scrivono i parlamentari – è stato negli anni oggetto di escavazione e di sbancamento del piede per estrarre marna da cemento, materiale definito ‘di interesse nazionale’ e, come tale, direttamente controllato dall’allora ministero dell’Industria, attraverso il distretto minerario, nonostante i diversi segni di instabilità che ne hanno segnato la storia”.

I PRECEDENTI – E di segni ce ne sono stati diversi. Nel luglio 1970 dalla località Squadre, nel comune di Vigolo, si sono allargate importanti fessure nel terreno, costringendo all’evacuazione i campeggi in riva al lago a Monte Isola e nei Paesi della sponda bresciana, per paura dell’enorme onda che il crollo avrebbe generato. Il 25 marzo 1986 si è verificata una frana di dimensioni notevoli all’interno della concessione Ognoli, mentre il 22 novembre 2010, sempre dalla ex miniera, si è verificata un’ulteriore frana di circa ventimila metri cubi. “Nonostante le ripetute frane nel corso dei decenni – scrivono i deputati – l’attività estrattiva è proseguita”, mentre “i dati registrati dai sensori che monitorano il Monte Saresano dimostrano un progressivo spostamento della massa franosa”. Ad oggi i comuni che si affacciano sul lago di Iseo, in particolare i comuni di Tavernola Bergamasca, Parzanica, Vigolo e Monte Isola, si trovano in un costante stato di preallarme.

LA PETIZIONE – Nel frattempo è arrivata a quasi mille firme la petizione lanciata alcuni giorni fa su Change.org da Legambiente Basso Sebino per chiedere proprio la chiusura dell’impianto di Tavernola Bergamasca. “Ora non ci sono più dubbi. L’attività della Cementifera Italsacci è molto nociva per la salute e la sicurezza della popolazione, non solo di Tavernola, ma di tutto il lago d’Iseo”, scrive Legambiente che chiede di fermare le escavazioni e che venga chiusa la cementifera. “Entrambe le attività sono un residuo del modello produttivo del ‘900 – aggiunge l’associazione – basato sullo sfruttamento del territorio con l’unico obiettivo di far man bassa delle risorse naturali per generare ricchezza privata ai danni dell’ambiente”. Rispetto alla questione occupazionale, Legambiente fa presente che sono impiegati poco più di 60 addetti contro i 400 degli anni ’60: “Verranno rioccupati nella bonifica del sito”, anche perché “nel pregiato contesto paesaggistico e naturalistico del lago, il cementificio è ora più che mai incompatibile anche con gli sbandierati obiettivi turistici Comuni locali. Sorprende che l’azienda tedesca possa continuare a godere di un ‘regalo-sussidio’ da parte dello Stato italiano che le concede dal 2008, a titolo gratuito, i permessi di quote di emissioni di Co2 per 70 milioni di euro“.

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