“Indubbiamente è stato un grosso errore riaprire le scuole, sia a ottobre, sia adesso. Le regioni che hanno ritardato l’inizio delle riaperture scolastiche sono quelle che hanno avuto un minor aumento percentuale della crescita delle terapie intensive. E non solo: gli studi scientifici che mostrano il nesso causale tra l’attività didattica in presenza e l’aumento della diffusione del virus si vanno sempre più accumulando”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, da Giovanni Sebastiani, primo ricercatore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Cnr.

Il matematico cita gli studi pubblicati sulle riviste “The Lancet” e “Science”, rispettivamente riferiti a 131 e a 41 Paesi: “E’ stato dimostrato che l’Rt aumenta del 25% passando dalla didattica a distanza alla didattica in presenza e diminuisce del 35% quando si passa dalla didattica in presenza alla didattica in distanza. In più, le misure restrittive del periodo natalizio ci hanno permesso di passare dal 13% dei positivi all’8%. In quella fase, tante volte ho esortato a non riaprire le scuole e a mettere in atto, alla fine di gennaio, lo stesso tipo di misure per durata e per tipologia. Saremmo arrivati dall’8% al 3% dei positivi. Questo 3% non è certamente un numero a caso, ma corrisponde al controllo del tracciamento. A quel punto – continua- saremmo potuti stare con misure restrittive più blande in un tempo più lungo e scavallare questi mesi che sono i più critici per via dei picchi delle polmoniti influenzali. Ma il vero problema è convincere le persone alla necessità di misure restrittive. Non è facile. In ogni caso, io con simulazioni matematiche ho constatato che mettere in atto le stesse misure in ritardo di una o due settimane dà un risultato certo, anche se paradossale: per avere un effetto benefico su numero di contagi e di ricoverati in terapia intensiva, la durata delle misure si allunga”.

E sottolinea: “Non è l’attività scolastica in sé a far aumentare i contagi, visto che nelle scuole ci sono controlli molto stretti, ma l’attività extra-scolastica: il trasporto da casa a scuola e viceversa, ma anche attività sociali dopo la scuola. Siamo stati tutti ragazzi. Quando uscivo dal liceo, stavo insieme ai miei amici per un’ora prima di tornare a casa. Il problema è che non sempre e non tutti i ragazzi usano la mascherina in quei casi. Bisognerebbe sensibilizzarli in questo senso e coinvolgerli in attività”.
Lo scienziato spiega dettagliatamente la situazione negativa che stiamo vivendo: “Ci sono dei livelli alti nei parametri, come quelli relativi alla percentuale dei positivi ai tamponi molecolari, dei ricoverati e degli ingressi giornalieri in terapia intensiva. L’altro motivo è il trend qualitativo, cioè il tipo di evoluzione di queste curve che è di tipo esponenziale per alcune regioni, come la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Campania e il Molise”.

E aggiunge: “In altre regioni, invece, le curve relative ai ricoverati in terapia intensiva sono addirittura in discesa, ma nelle regioni suddette stanno crescendo in modo esponenziale con una diffusione del virus molto più veloce di quella registrata nella fase esponenziale di ottobre. La crescita esponenziale è caratterizzata dal “tempo di raddoppio”. Se nelle prime settimane di ottobre, quando si registrò una crescita esponenziale delle curve, quel tempo di raddoppio era di 7 giorni, ora, probabilmente con la diffusione della variante inglese, il range è tra i 5 e i 6 giorni. La cosa interessante è che questo tempo di raddoppio – continua – è confrontabile con quello della crescita sempre esponenziale che ha avuto il Regno Unito nel dicembre scorso. Ovviamente più il tempo di raddoppio è basso, più la diffusione avviene velocemente. Questo vuol dire che se 5 giorni fa c’erano, ad esempio, 190 casi, oggi sono 200 con un aumento di 10 unità e nei prossimi 5 giorni l’aumento sarà di 20, tra 10 giorni 40 e così via. Voi capite che in poche settimane arriviamo a numeri stratosferici”.

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