Incassato l’ampliamento da 20 a 30 membri della task force dedicata, il ministero dell’Economia accelera sulla messa a punto del gruppo di lavoro che completerà e rafforzerà il Recovery plan scritto dal Conte 2 oltre a coordinare gli sforzi dei diversi ministeri e occuparsi della successiva rendicontazione. A guidarlo sarà Carmine Di Nuzzo, ispettore della Ragioneria generale dello Stato che ha lavorato con il ministro Daniele Franco nei suoi anni da Ragioniere generale. Di Nuzzo ha diretto l’Ispettorato Generale per i Rapporti Finanziari con l’Unione Europea e, dall’agosto 2018, è a capo dell’Ispettorato Generale per l’informatizzazione della contabilità di Stato.

Il gruppo di tecnici, di cui faranno parte oltre ai dirigenti del Tesoro anche economisti della Banca d’Italia, dovrà come anticipato dal premier Mario Draghi “approfondire” il piano completandolo con i dettagli sui singoli progetti, gli obiettivi strategici e le milestone, richiesti dalle linee guida della Commissione per dare il via libera agli esborsi. Per fare questo servirà un’interlocuzione stretta con i ministeri più coinvolti nell’utilizzo dei fondi europei: Transizione ecologica, Innovazione digitale, Infrastrutture, Sviluppo, Lavoro.

Bisognerà poi decidere se modulare le richieste alla Ue nel senso indicato dal nuovo presidente del Consiglio durante il discorso per la fiducia: privilegiare almeno all’inizio gli oltre 80 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e spalmare “in base agli obiettivi di finanza pubblica” – leggi riduzione del rapporto debito/pil – la quota di prestiti che spetterebbe all’Italia, pari a 127 miliardi. Tra le ipotesi c’è quella di rivedere la distribuzione tra fondi che andranno a progetti “aggiuntivi” – che dunque aumentano il debito rispetto alle previsioni – e prestiti Ue con cui invece ci si limiterà a sostituire indebitamento già previsto e che senza il Recovery avremmo chiesto al mercato.

Le missioni, come spiegato da Draghi, potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma “resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva”. Si lavorerà però a un rafforzamento degli obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G.

Secondo Repubblica, la prima mossa sarà tagliare quei progetti per oltre 14 miliardi che i servizi studi di Camera e Senato hanno rilevato essere ridondanti rispetto ai finanziamenti europei a disposizione. Per cui se la Commissione desse il via libera il governo si troverebbe di fronte alla scelta se abbandonarli o realizzarli comunque ma ricorrendo a fonti di finanziamento alternative.

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