Ho letto sulle pagine di questo giornale un articolo che racconta i risultati del governo Conte due e per farlo elenca quelli che sarebbero i traguardi raggiunti dal passato esecutivo anche in campo ambientale: superbonus energetico; bonifica della Terra dei Fuochi; stop alle trivelle; legge “salva mare”; decreto clima; riforma della commissione VIA; bonus biciclette.

A mio modo di vedere le urgenze di questa martoriata Italia non sono certo poter mettere una pompa di calore in una villetta o rifare la facciata di un condominio; e neppure comprarsi una bicicletta (spesso se ne ha già una e se ne acquista una seconda a prezzo agevolato per rivenderla): e neppure portare la plastica a riva per buttarla nella raccolta differenziata. In più vorrei ricordare che lo stop alle trivelle in mare a dicembre è saltato e vorrei ricordare altresì che la riforma della commissione VIA è del 2017 ed era un obbligo di legge.

Mi permetto di sottolineare invece che le urgenze – se veramente un governo avesse a cuore ambiente e territorio, il che non è mai accaduto nella nostra storia repubblicana – sarebbero ben altre (non mi piace il benaltrismo ma mi pare che qui si imponga). A cominciare dal consumo di suolo che dovrebbe arrivare a zero entro il 2050 (ce lo chiede l’Europa) e sul cui fronte Conte si è operato in direzione diametralmente opposta, puntando sulle grandi opere inutili come l’alta velocità ferroviaria, persino in Sicilia dove non si sa cosa siano le ferrovie.

Grandi opere riguardo alle quali si è fatta piazza pulita della troppo scomoda valutazione costi-benefici, sulla quale si è espresso con chiarezza di recente Marco Ponti. Del resto, voglio ricordare come la sua applicazione si fosse rivelata un bluff sotto il ministro Toninelli: la commissione valutò negativamente tre linee AV (Torino – Lione, Brescia – Verona, Terzo Valico) e di tutte si autorizzò la continuazione dei lavori.

Nulla si è fatto anche per evitare lo scempio del consumo di suolo agricolo causato dai pannelli solari a terra, e già perché il nuovo mantra è la green ecology, o la transizione ecologica cui punta il nuovo capitalismo (non è forse Elon Musk l’uomo più ricco al mondo?). Oppure delle pale eoliche sui crinali e sulle rotte migratorie degli uccelli.

Nulla si è fatto per le perdite dei nostri acquedotti, nonostante l’acqua sia un bene sempre più prezioso.

Nulla si è fatto sul fronte dell’acqua come bene pubblico, che pure era uno dei cavalli di battaglia del M5S.

Nulla si è fatto sul fronte dell’abusivismo edilizio (salvo passare la patata bollente della demolizione al prefetto): in Italia si continua nonostante tutto a costruire abusivamente, con le pesanti responsabilità degli enti di servizio che rendono abitabili gli alloggi.

Nulla si è fatto per diminuire i consumi di carne o per diminuire la produzione di plastica: per la carità, si perderebbero posti di lavoro!

Insomma, tutta una serie di “cose” si potevano fare se davvero si avessero a cuore le sorti della Terra, o anche solo dello Stivale. E non sono state fatte perché si è prigionieri (oltre che delle lobbies) del mito della crescita e del Pil, che si celano dietro l’ossimoro dello sviluppo sostenibile. È stato così per Conte e per i governi che l’hanno preceduto. Sarà così per Draghi, che questo sviluppo, del resto, incarna.

Concludo con una chiosa di attualità più che mai relativa all’ambiente, cui ho accennato sopra. Pur di far digerire il sì al governo Draghi, Beppe Grillo si è inventato la necessità di un super-mnistero della transizione ecologica. Mi domando: se questo ministero è così indispensabile, per quale oscuro motivo i cinquestelle quando sono stati al governo (per ben due volte) non l’hanno istituito?

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