In questi giorni Mario Draghi è stato incoronato salvatore della patria e molti accorrono ad ingrossare le file dei cortigiani. La forza magnetica del banchiere è così potente da far sì che anche chi non voterà a favore del nuovo governo non lo farà contro Draghi, ma perché vi sono nella nuova maggioranza partiti dello schieramento avverso. Chi non entra nella maggioranza perché c’è Salvini, chi perché c’è Grillo: ma nessuno sta fuori perché è contro Draghi.

Uno spettacolo simile si registrò di fronte al governo Monti. In quella fase infatti, tutti assieme appassionatamente – dalla Meloni, alla Lega, al Pd – stravolsero la Costituzione inserendovi la norma sul pareggio di bilancio, così come l’ineffabile Meloni non ebbe dubbi nel convergere con il Pd per votare la distruzione del sistema pensionistico pubblico attuato dalla Fornero. Tutti pensano che questa unità nazionale sia uno stato di eccezione, di sospensione della politica, di interruzione del normale corso della dialettica parlamentare.

Io penso sia vero il contrario. Come mostrano quasi tre decenni di bipolarismo, è del tutto evidente che il nucleo centrale degli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra è saldamente liberista. Salvo rarissime eccezioni la regola ferrea è stata che le norme di liberalizzazione economica, di privatizzazione del welfare e di precarizzazione del mercato del lavoro hanno avuto un carattere assolutamente bipartisan. Per quanto riguarda le politiche economiche e sociali, se si guarda sotto la propaganda, è del tutto evidente che i due principali schieramenti hanno tratti assai omogenei. Sono diverse le culture politiche che caratterizzano questi liberali di diverse tinte, ma l’asse è chiaramente liberal-liberista.

Se questo è vero, i governi di unità nazionale, lungi dal rappresentare la sospensione della politica, costituiscono in realtà le fasi in cui la politica dei maggiori partiti – dai 5stelle al Pd, alla Lega – emerge per quello che è: una larghissima condivisione dei punti fondamentali. Sono piuttosto il bipolarismo e l’alternanza che si mostrano come una sorta di danza immobile che però occupa tutto il palcoscenico della politica, scacciando chiunque la pensi diversamente. Il bipolarismo e la logica del voto utile sono serviti unicamente a cacciare dal parlamento i partiti – come Rifondazione Comunista – che si sono opposti alle politiche liberiste.

Forse non è un caso che la partecipazione popolare al voto, dopo l’abolizione del sistema proporzionale, sia crollato in modo drammatico. Nell’adagio popolare “sono tutti uguali” vi è certo un cattivo costume, ma che si sorregge su un tratto di verità. Il diritto democratico viene esercitato se si ha l’impressione di poter decidere qualcosa… La morte della politica è quindi la fisiologia del sistema bipolare, una gigantesca rappresentazione teatrale che occupa totalmente lo spazio pubblico in modo da evitare ogni alternativa, ogni cambiamento vero.

Siamo tornati all’800 quando in Italia esistevano una destra e una sinistra, ma entrambe borghesi, antipopolari. Solo con l’ingresso sulla scena politica del movimento operaio e contadino, dai sindacati ai partiti socialisti, la musica è cambiata e la dialettica politica ha ricompreso la “questione sociale”.

Oggi la questione sociale è stata espunta dalle aule del parlamento e il pareggio di bilancio inserito in Costituzione spinge – contro lo spirito e la Carta della Costituzione nata dalla Resistenza – verso politiche economiche liberiste. Se la Costituzione italiana avesse avuto quella norma nel dopoguerra non avremmo avuto il miracolo economico e l’autostrada del Sole sarebbe ancora in costruzione…

Vi è quindi un elemento di verità – negativa ma non per questo meno vera – nel governo Draghi: evidenzia come la condivisione delle politiche liberali e liberiste sia il punto di unificazione dell’intero arco parlamentare, compresi coloro che si asterranno più per calcoli elettorali che per dissensi sui contenuti.

In questo quadro è evidente che l’alternativa al governo Draghi e alle sue politiche dovranno essere costruite al di fuori del parlamento e questa è la sfida che si trovano davanti coloro che non condividono le politiche liberiste, che animano i movimenti sociali e ambientali, che lottano sui posti di lavoro e contro la precarietà, che si riconoscono in una idea di sinistra.

Costruire una opposizione sociale, culturale e politica al governo Draghi non è altra cosa dalla costruzione di una proposta politica di alternativa alle politiche di Draghi. Questo chiede la costruzione processuale e democratica di una soggettività politica, sociale e culturale in grado di presentarsi come alternativa ai liberal liberisti di ogni colore.

Questa è l’altra sfida del governo Draghi. Se, da sinistra, saremo in grado di usare questo momento di “verità” per costruire finalmente anche in Italia una sinistra degna di questo nome. Se non ora quando?

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