Il petrolio torna a far parlate di se. Ce ne aravamo quasi dimenticati con quotazioni a lungo su livelli estremamente bassi, arrivate addirittura a zero la scorsa primavera. Ore il greggio rivede la soglia dei 60 dollari al barile, raggiungendo il livello più alto dal gennaio 2020. Da inizio anno il Brent, ossia il petrolio del mare del Nord il cui prezzo funge da riferimento per i 2/3 degli scambi globali, ha guadagnato circa il 20%. Spinto al rialzo dalle prospettive di ripresa con la diffusione delle vaccinazioni e da alcuni ritocchi alla produzione decisi dall’Arabia Saudita. A marzo è in agenda un nuovo vertice dell’Opec, l’organizzazione che riunisce gran parte dei paesi produttori. Secondo diversi analisti i prezzi del petrolio potrebbero salire ancora, anche in virtù dei nuovi stimoli economici che la Casa Bianca si appresta a varare negli Stati Uniti.

Quasi immediato l’effetto ai distributori con ritocchi per i prezzi di benzina e diesel che si registrano su tutta la rete nazionale. Secondo le rilevazioni del Ministero per lo sviluppo economico, il prezzo medio nazionale della benzina, in modalità self, è a 1,494 euro al litro (1,486 il livello rilevato venerdì) con i diversi marchi compresi tra 1,490 e 1,515 euro al litro (no logo a 1,471). Il prezzo medio del diesel, sempre in modalità self, è 1,367 euro al litro (contro 1,358 venerdì), con le compagnie posizionate tra 1,359 e 1,392 euro al litro (no logo a 1,342). Quanto al servito, per la benzina il prezzo medio è 1,636 euro al litro (da 1,629 di venerdì) per il diesel è 1,514 euro/litro (venerdì 1,507). Infine, il Gpl va da 0,632 a 0,652 (no logo 0,622).

Il vero rischio è che un incremento duraturo dei prezzi di trasporti ed energia spinga al rialzo i prezzi al consumi rafforzando l’inflazione. Prospettiva da incubo per le banche centrali che, a quel punto, sarebbero costrette a scegliere tra il mantenimento di politiche monetarie ultra espansive o tra inizio di stretta per cercare di contenere la corse dei prezzi. Questa mattina i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi hanno registrato variazioni al rialzo proprio sulle prospettive di una possibile ripresa dell’inflazione.

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