Le proteste iniziate in Bielorussia quest’estate sono diventate un caso studio per il Cremlino, che oggi si appresta ad affrontare il secondo fine settimana di manifestazioni, sostenute e incitate dall’oppositore di Putin Alexej Navalnyj, arrestato dopo il suo ritorno in patria il 17 gennaio. La lezione imparata è che l’eccesso di violenza contro i manifestanti può diventare controproducente e innescare una reazione a catena, coinvolgendo sempre più persone indignate dalle violenze. Bisogna intimidire, ma con metodi più delicati rispetto a quelli utilizzati dalle forze dell’ordine di Aleksandr Lukashenko. Le scuse dell’agente dell’Omon e il perdono, se pur estorto per trasmetterlo in tv, della donna che aveva colpito in pancia durante le manifestazioni in Russia del 23 gennaio, sono un segnale di questa consapevolezza. La portata e la durata delle proteste determinerà la sorte dell’oppositore, dice al fatto.it il politologo Kirill Rogov. Dall’altra parte, sul fronte estero, peserà la serietà delle pressioni dell’Occidente, che finora si è limitato a sole dichiarazioni. A seconda dallo svolgersi degli eventi, Navalny potrebbe trasformarsi per anni in un ostaggio, come l’oligarca Mikhail Khodorkovskij, o tutto potrebbe finire anche con una condanna limitata a un periodo breve.

I legali di Navalnyj non sembrano molto ottimisti rispetto all’udienza del 2 febbraio, quando un tribunale distrettuale di Mosca esaminerà la richiesta del servizio carcerario di tramutare la condanna per appropriazione indebita con la condizionale in una pena detentiva di tre anni e mezzo per aver violato la liberta vigilata mentre si curava in Germania dopo l’avvelenamento da Novichok. Un fatto per il quale l’oppositore di Putin accusa “una squadra di avvelenatori dell’Fsb che avrebbe agito su ordine del presidente russo. “Finora tutto quello che vuole il potere viene soddisfatto anche in assenza di norme di legge dirette”, ha commentato l’avvocata Olga Mikhailova dopo che il tribunale della regione di Mosca ha respinto il 28 gennaio la richiesta di scarcerazione di Navalnyj.

Se anche il 2 febbraio non ci saranno sorprese, Navalnyj potrà finire dietro le sbarre per due anni e mezzo, perché gli verrà scontato quasi un anno passato ai domiciliari. Ma su di lui incombe anche la recente accusa di frode, ossia di aver intascato le donazioni alla sua Fondazione anticorruzione, che gli potrebbe costare fino a dieci anni di carcere. Il politologo Rogov non esclude che Navalnyj possa anche essere costretto a lasciare la Russia, ricattato con possibili condanne ai suoi cari. Il fratello dell’oppositore, Oleg, ha già scontato tre anni e mezzo di carcere nell’ambito dello stesso caso e ora è tra i sospettati dell’inchiesta per la violazione delle norme anti-Covid aperta dopo le manifestazioni del 23 gennaio.

Le perquisizioni e gli arresti dei più stretti collaboratori di Navalnyj e più di 20 inchieste aperte dopo alla protesta del fine settimana scorso puntano a intimidire e spegnere la piazza, ha detto il coordinatore delle squadre regionali della Fondazione anti-corruzione Leonid Volkov. Lo stesso Volkov, matematico che da anni è a fianco di Navalnyj e che dal 2019 si trova all’estero, è ora imputato nell’inchiesta sul coinvolgimento dei minori nella manifestazione non autorizzata. L’accusa di pedofilia politica” è utilizzata dai media della propaganda per screditare le ragioni della piazza, anche se secondo l’unico sondaggio realizzato sulla manifestazione di sabato scorso gli under 18 non erano che il 4% e non c’era nessun video in cui i sostenitori di Navalnyj chiamassero i teenager a manifestare.

Secondo le stime di Volkov alle manifestazioni di sabato scorso avrebbero preso parte 300mila persone in più di 100 città, ma per il matematico all’appuntamento di oggi potrebbero partecipare molti di più, visto che in milioni hanno seguito le proteste in streaming e l’inchiesta sul presunto palazzo segreto del presidente Vladimir Putin ha avuto ormai più di 100 milioni di visualizzazioni. Gli animatori della protesta, secondo il sondaggio già citato, sono gli stessi trentenni della classe media, che avevano partecipato alle manifestazioni di massa degli anni 2011-2012 contro i brogli elettorali, ma la novità è che il 42% di chi è sceso in strada era al suo “debutto” nella partecipazione.

Sullo sfondo della agitazioni ci sono il calo del reddito della popolazione nel 2020 (sceso in media del 3,5%), che fa crescere la tensione sociale e diradare i consensi nei confronti del Cremlino. Secondo l’appena pubblicato sondaggio di Fom, nelle intenzioni di voto Putin è sceso al 53%, il punto più basso nell’ultimo anno. Alle elezioni parlamentari previste a settembre di quest’anno il partito al potere Russia Unita potrebbe non avere lo stesso brillante risultato del 2016. A preoccupare Putin è la strategia promossa da Navalny del “Voto intelligente”, che consiste nell’invitare gli elettori a preferire all’astensione la scelta di un qualsiasi altro candidato, purché non faccia parte di Russia Unita. Ma con l’oppositore in carcere e le continue pressioni sui suoi sostenitori, questa linea potrebbe non avere lo stesso impatto delle elezioni municipali e regionali del 2019 e del 2020, dove hanno vinto diversi candidati dell’opposizione ‘sistemica’ cioè, concretamente, di facciata. Lo scenario più probabile, secondo Kirill Rogov, è che stavolta il Cremlino trionferà e le proteste non dureranno a lungo. “A lungo termine le manifestazioni avranno un impatto – dice al Fatto.it – ma ora si tratta di un’ondata che si ritirerà”.

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