di Vera Cuzzocrea*

Recente e drammatica è la notizia della morte per asfissia di una bambina di 10 anni che si sarebbe ispirata a una sfida di “soffocamento estremo” su TikTok, uno dei social network più usati da adolescenti e non solo. Leggiamo che i genitori la trovano già priva di sensi, apprendiamo della corsa disperata in ospedale per tentare di salvarla e della decisione di donarne gli organi, quando ormai constatata la morte cerebrale.

Apprendiamo anche del carattere solare della piccola probabile vittima di questa “hanging challenge”, che amava ballare nella piazza virtuale di questo ed altri social che era solita frequentare. Sulla vicenda sono in corso le indagini congiunte della procura ordinaria e minorile che potranno meglio chiarire la dinamica, anche per rilevare eventuali responsabilità di terzi.

Nel frattempo, provo a chiedermi come restituire senso e rispetto al dolore di una famiglia, dove e come attivare una riflessione critica orientata al fornire degli strumenti adeguati affinché i nostri figli possano salvarsi dai pericoli dentro e fuori la rete, consapevoli di fattori come l’età, la bassa percezione del rischio, l’isolamento anche prodotto dall’attuale emergenza sanitaria, il bisogno di esserci, mostrandosi e cercando consensi e, talvolta, la mancata o poco attenta supervisione dei genitori possano costituire condizioni di vulnerabilità ancora troppo spesso trascurate.

Provo così a pensare a come i genitori di questa bambina potranno ricordarla alla sorellina che sta per nascere. Immagino che potrebbe chiamarsi Asha che in indiano significa “speranza” e che le potrebbe essere descritta come spensierata e generosa, che grazie a lei altri tre bambini vivono e la terranno un pochino dentro di loro, che era piena di sogni, che faceva la grande ma che era ancora piccola, che era difficile frenare la sua esuberanza e che era allo stesso tempo bello vederla girare felice per casa. Il racconto andrebbe inevitabilmente anche sulla sfida a cui avrebbe partecipato la sorellina, le cosiddetta hanging challenge che consistono nel soffocarsi cercando di resistere il più a lungo possibile, sul fatto che molti altri bambini e soprattutto adolescenti, non solo in Italia, hanno perso la vita, in questo modo o attraverso la messa in atto di altri comportamenti a rischio, suggestionati e compiaciuti dalla prospettiva di accumulare gratificazioni e riconoscimenti attraverso i like, bisognosi di esserci e misurarsi per provare a se stessi che tutto è possibile.

Ad Asha potrebbero raccontare anche che internet è uno strumento importante per crescere, acquisire conoscenze, restare in contatto con le persone care o fare nuove amicizie, soprattutto quando non è possibile uscire a causa di una pandemia. Perché la rete è una finestra sul mondo, in cui coloro che forse erroneamente abbiamo chiamato i nativi digitali, i giovani cioè cresciuti con la rete e capaci di usare la tecnologia, non lo sono fino in fondo poiché privi di quella valigia degli attrezzi necessaria per gestire tutto ciò che incontrano al di fuori e lontano dalle proprie case, comprese le emozioni che vivono, la velocità e il disimpegno che caratterizzano la rete. Come non lo sono i loro genitori, privi di quelle abilità e competenze necessarie per proteggere e supervisionare adeguatamente i figli.

Il racconto potrebbe terminare informando la figlia del fatto che talvolta, bambini e adolescenti crescendo hanno bisogno per esprimersi di mettere in atto delle condotte che rappresentano delle sfide all’immagine di sé, alla propria autoefficacia e che talvolta questi comportamenti possono rappresentare dei rischi per la loro salute psico-fisica e il loro benessere.

Le direi anche che talvolta questi agiti sono l’esito della mancata assunzione di responsabilità di spettatori e spettatrici indifferenti, di contenitori, come i social che li ospitano, evidentemente ancora non abbastanza efficaci nella tutela, così come le nostre strade, case e gruppi dei pari. Così come le direi che noi adulti dovremmo non dimenticarci dell’importanza di mettere dei confini che contengano e proteggano, offrire stimoli, valorizzare la paura come risorsa e veicolo di orientamento per guidarci e proteggerci, insieme alla gioia e il piacere di stare fermi insieme.

Ed è necessario prendersi lo spazio per dirle tutte queste cose, per provare a ristorare il dolore della perdita vissuta, per evitare che il mondo virtuale si sostituisca e confonda con quello reale, per restituire i giusti tempi al quotidiano al di qua della rete.

*Psicologa e psicoterapeuta

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