in collaborazione con Mariano Ferrazzano

Nel giugno 2019, Papa Francesco, incontrando i giudici panamericani nel vertice su “Diritti sociali e dottrina francescana”, richiamò l’attenzione su un importante concetto, che potrebbe riassumersi in: “Non c’è democrazia con la fame”, tema trattato nella Enciclica Laudato si’ del maggio 2015 e, in particolare, nel capitolo sull’inequità planetaria.

In questa ricerca analizziamo la fame nel mondo.

Sembra impossibile che nel terzo millennio si possa soffrire la fame. Per noi che viviamo nel ricco e sovrabbondante mondo occidentale, tali situazioni sembrano talmente impossibili che quasi non ne abbiamo la percezione, eppure sulla Terra oltre il 10% della popolazione è denutrita e il trend del fenomeno potrebbe dichiararsi stabile: in circa 10 anni, dal 2010 al 2018, si è passati dall’11,8% al 10,8% di affamati (appena un punto percentuale in meno), con l’aggravante che la curva, seppure in lentissima discesa fino al 2015, ha ripreso a salire.

La grande Fame è concentrata in Africa e in Asia, ma, mentre nella seconda il fenomeno tende nel tempo ad alleggerirsi, passando da un peso percentuale pari al 70% nel 2010 a uno del 62% nel 2018, nella seconda si aggrava, registrando negli anni considerati, rispettivamente, un’incidenza sul totale del 24% e del 31%. Nei Paesi del Sud America, invece, si rileva un certo status quo (5%).

La gravità del fenomeno emerge osservando l’incidenza che in ciascun continente i denutriti registrano sul totale della propria popolazione: il 19,1% nel 2010 e il 19,8% nel 2018 degli africani è denutrito, contro, rispettivamente, il 13,6% e l’11,3% degli asiatici.

Tali dati scendono a valori che non superano il 6,8% in America latina, il 6,2% in Oceania e calano sotto il 2,5% in Europa e nel Nord America. Le situazioni più preoccupanti, disaggregando i dati a livello dei Paesi, si riscontrano in Africa orientale (con circa il 31% della popolazione denutrita), in quella subsahariana (22,8% nel 2018, in crescita rispetto al 2010, con 21,7%) e in quella centrale (27,8% nel 2010, contro il 26,5% nel 2018).

In Asia, nessuna zona raggiunge i livelli terribili dell’Africa: la massima concentrazione di denutriti si colloca nell’Asia meridionale (17,2% nel 2010, 14,7% nel 2018). Il fenomeno qui è in decrescita sempre, tranne che nell’Asia occidentale, salito dall’8,6% al 12,4%, dove però ci sono Paesi, come la Siria e lo Yemen, in guerra.

Per misurare la distanza tra il mondo ricco e quello povero basta raffrontare le calorie a disposizione di un belga (che consuma il più elevato numero di kilocalorie al giorno, 3.793) e quelle di uno zambiano (che ne consuma meno di tutti al mondo, 1.907): il ricco ne assume all’incirca il doppio del povero.

Ma oltre alle disponibilità di cibo è importante anche rilevare quelle di acqua rinnovabile, perché le risorse idriche, anche se abbondanti, in molti casi non sono raggiungibili e quindi sfruttabili. Sovente, proprio i Paesi dove più basso è il livello giornaliero di Kcal pro capite sono quelle più ricche d’acqua (Congo).

In ogni caso, se escludiamo le due piccole isole europee di Cipro e Malta, è in Asia, Africa e Centramerica che si concentrano i minimi livelli idrici rinnovabili a disposizione, mentre le Americhe del Nord e del Sud registrano i livelli più alti e solo la Russia compare tra i Paesi europei con tale caratteristica.

La mappa sottostante riporta per ogni Paese, tramite vari colori, l’Indice di democrazia, basato su 60 indicatori che misurano il pluralismo, le libertà civili e la cultura politica vigenti nei diversi Stati.

In definitiva, questa mappa evidenzia la tesi del Papa in maniera chiara: esiste una forte connessione tra la debolezza democratica di un Paese (colore marrone in varie tonalità), che permette la partecipazione dei cittadini alla vita politica, alla condivisione delle scelte economiche e sociali di una larga fetta della popolazione, e il benessere, che si manifesta, in primis, con il soddisfacimento di un bisogno primario, quale l’alimentazione sufficiente, che garantisce anche la crescita e lo sviluppo di uomini e donne sani, che meglio possono contribuire allo sviluppo della società.

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