Tempi difficili nella Silicon Valley, tempi di lotta. I lavoratori di Google, dopo anni di tensione e scontri con i vertici dell’azienda, hanno pubblicamente annunciato lunedì scorso la costituzione del sindacato Alphabet Workers Union (Awu), aperto a più di 120.000 dipendenti di Google e Alphabet, la società madre di Google. Si tratta del primo sindacato mai costruito dentro una grande azienda tecnologica ed è supportato da uno dei più grandi sindacati di categoria negli Stati Uniti: Communications Workers of America (Cwa).

Al momento, i lavoratori di Google e Alphabet non hanno chiesto ai vertici aziendali il riconoscimento formale del sindacato, né hanno annunciato un’elezione sindacale. Secondo le leggi statunitensi, ciò significa che Google non è ancora tenuta a riconoscere Alphabet Workers Union. Affinché i lavoratori possano considerarsi formalmente sindacalizzati è necessario che l’azienda riconosca volontariamente il loro sindacato oppure che questo sia approvato con il voto di almeno metà degli iscritti.

In altre parole, i lavoratori di Google stanno ora avviando una campagna di sindacalizzazione, la quale, stando alla legge federale sulle relazioni sindacali del 1935, non può essere boicottata in alcun modo dall’azienda. Il dettato della legge però non sembra aver mai impensierito più di tanto Google, dato il suo costante attivismo nel prevenire e annientare ogni organizzazione o lotta sindacale al suo interno. È dal 2019, infatti, che Google ha assunto la società di consulenza antisindacale Iri Consultants, nel cui sito ufficiale si sottolinea la vasta esperienza nella valutazione delle “vulnerabilità sindacali”.

Iri Consultants agisce con metodo, non procede alla cieca. Dai documenti ottenuti di recente da Vice Motherboard, per esempio, emerge come i consulenti dell’Iri – al fine di dissuadere i lavoratori dall’iscriversi ai sindacati – svolgano una meticolosa attività di sorveglianza: raccolgono informazioni sulla vita, sull’origine e sul background familiare, sul lavoro dei coniugi, sulle disponibilità finanziarie, sulla salute, etc. Ogni aspetto della vita dei lavoratori è sottoposto al controllo, ogni informazione che li riguarda è studiata e catalogata e, infine, usata per impedire l’attivismo sindacale.

Sebbene l’Iri non riveli quasi nulla dei suoi metodi e clienti, dai documenti finora raccolti emerge che abbia lavorato con molti ospedali, produttori di automobili, università, scuole, imprese alimentari e commercianti in 49 Stati.

Va anche detto che le strategie antisindacali di Google appaiono quasi naif se confrontate con quelle adottate da diversi anni dal colosso dell’e-commerce, Amazon, il quale non solo ha costruito una rete internazionale di sorveglianza che controlla i lavoratori di tutti i suoi magazzini e aziende in ogni angolo del mondo, ma ha anche assunto la famigerata Pinkerton – agenzia privata di investigazione, nota per aver picchiato, gambizzato e ucciso molti lavoratori e sindacalisti all’inizio del ventesimo secolo – al fine di perfezionare le sue strategie antilavoratori.

Google e Amazon non sono un’eccezione: secondo un rapporto del 2019, redatto da Economic Policy Institute, soltanto negli Stati Uniti le imprese spendono ogni anno circa 340 milioni di dollari in consulenti, per prevenire le rivendicazioni dei lavoratori di avere migliori salari, contratti e condizioni di lavoro. La tariffa oraria di questi consulenti oscilla tra 350 dollari all’ora e 2.500 dollari al giorno.

I casi di Google e Amazon non sono però un problema che nasce con l’intensificazione delle tecniche e tecnologie di sorveglianza aziendale. Queste sono, semmai, la diretta manifestazione del crescente bisogno di sfruttamento dei lavoratori nel ventunesimo secolo.

Tale bisogno è stato supportato, prima di tutto, da decenni di politiche di precarizzazione dei contratti di lavoro, di compressione salariale, di cancellazione o indebolimento dei diritti e dei sindacati, nonché di massicci sgravi fiscali per le imprese Hi-Tech, descritte come l’emblema del capitalismo buono, trasparente e promotore dei diritti dei lavoratori, al punto che bisognava inventare una nuova parola per definirli, tipo “collaboratori”.

A nulla serve, pertanto, l’esibito sdegno bipartisan di alcune forze politiche ora, perché sono di mera facciata, servono soltanto a coprire le loro responsabilità di fiancheggiatori esterni delle strategie antisindacali delle imprese. La nascita del primo sindacato dentro una delle più grandi aziende tecnologiche del mondo dimostra come davanti ai soprusi aziendali possa esserci una sola risposta adeguata, quella dei lavoratori stessi.

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