Papa Francesco è da sempre stato molto attento a rispettare le norme decise dal governo italiano per evitare il diffondersi della pandemia. In più occasioni, durante il 2020, ha chiesto ai fedeli, ma anche ai vescovi e ai preti della Chiesa italiana, di obbedire alle decisioni delle autorità, anche se questo creava non pochi disagi. Disagi perfino alle celebrazioni liturgiche. A Pasqua, infatti, ai fedeli è stata vietata la partecipazione fisica ai riti della Settimana Santa obbligando tutti a doverli seguire via streaming. A Natale, invece, la presenza dei fedeli è stata consentita, ma nel rispetto di alcune limitazioni come quella del coprifuoco che ha costretto ad anticipare le messe della notte in cui si ricorda la nascita di Gesù.

Bergoglio ha fatto lo stesso anticipando anche lui la messa della notte di Natale, dando così l’esempio e archiviando definitivamente le polemiche che c’erano state tra l’episcopato italiano e il governo alla vigilia delle celebrazioni natalizie. Ovviamente tutte le liturgie papali del tempo della pandemia hanno dovuto adeguarsi alle limitazioni. A iniziare dal numero dei fedeli che è stato drasticamente ridotto. Alle liturgie papali del periodo natalizio sono, infatti, state ammesse al massimo 200 persone.

“La partecipazione alle celebrazioni – aveva precisato il Vaticano prima di Natale – sarà molto limitata, con fedeli individuati secondo le modalità usate nei mesi scorsi, nel rispetto delle misure di protezione previste e salvo variazioni dovute alla situazione sanitaria”.

Per questo motivo, anche per preservare un clima di raccoglimento durante le celebrazioni, si è preferito spostare tutte le liturgie dall’altare della confessione, che si erge maestoso al centro della Basilica Vaticana sopra la tomba di San Pietro, a quello della cattedra. In questo luogo, infatti, è possibile mantenere la solennità della celebrazione papale consentendo la partecipazione ai pochissimi fedeli ammessi.

C’è, però, chi ha strumentalizzato anche questa modalità in cui si sono svolte le liturgie papali al tempo del coronavirus per puntare il dito contro il Papa, reo di aver abbandonato l’altare della confessione per chissà quale motivazione paganeggiante. Un’accusa assurda perché, come è facile constatare seguendo le celebrazioni papali, l’altare della confessione è sempre rivestito solennemente con paliotti e candelabri preziosi, come se vi si dovesse celebrare. È evidente che sarebbe a dir poco strano se il Papa celebrasse su questo altare con appena 200 fedeli presenti nella Basilica più grande del mondo. Non si creerebbe quel clima di raccoglimento che, invece, si verifica all’altare della cattedra.

Non ci sono motivi secondari o nascosti se non quello di una celebrazione alla quale, nel rispetto delle norme anti contagio, non possono, per il momento, essere ammesse le tradizionali folle di migliaia di fedeli. Puntare il dito contro Bergoglio e vedere anche in questa scelta esclusivamente organizzativa e funzionale un motivo secondario, o addirittura blasfemo, è un ulteriore segno di quella profonda malafede che purtroppo da tempo acceca la vista di alcuni osservatori.

Significa vedere il male anche lì dove non c’è, puntando il dito indirettamente anche contro tanti fedeli collaboratori del Papa che mai avrebbero immaginato che una scelta organizzativa potesse essere un pretesto per attaccare nuovamente Francesco. Come il Papa ha spiegato ai fedeli, anche durante le tradizionali celebrazioni natalizie è stato necessario “evitare il rischio di assembramento, come disposto dalle autorità civili, alle quali dobbiamo obbedire”. Parole chiarissime a cui sono seguiti gesti eloquenti.

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