La surreale unicità dell’anno che sta per finire, oltre l’ovvio devastante impatto sulla salute delle persone e sull’economia globale, ha avuto ripercussioni, a doppio taglio, anche sull’attività intellettuale. Se da un lato la condizione di isolamento domestico, imposto dalla necessità di arginare la pandemia, ha offerto (in teoria) molto più tempo da dedicare alla lettura e all’approfondimento, dall’altro fior di intellettuali (ad esempio Massimo Cacciari) hanno lamentato un’inedita mancanza di concentrazione, difficoltà nella scrittura, smarrimento della propria attenzione, oppressa dalla angosciante condizione collettiva.

Per questo motivo, ho deciso non di stilare una lista o una classifica di “libri dell’anno”, bensì di proporre tre letture che mi sono state di grande conforto in questo periodo di potenziale alienazione intellettuale. Si tratta, dunque, di scelte dettate dalla risonanza personale con i temi affrontati, senza alcuna ambizione di, peraltro impossibile, “oggettività”.

Iniziamo con Contro l’automobile di Andrea Coccia (Eris): al di là della stima per l’autore, per chi come me fieramente si pregia di non avere la patente, il libro (esile nel volume quanto denso di argomentazioni) è una sorta di moderno Libretto Rosso; con una capacità implacabile di analisi (degna di Mark Fisher, non a caso citato come riferimento nel testo), Coccia in poche pagine illustra la mastodontica follia collettiva: plasmare l’intera struttura sociale su una scelta industriale ecologicamente suicida, socialmente alienante, economicamente fallimentare. Leggetelo mentre siete bloccati nel traffico: avrà il potere redentivo di un’epifania.

Proseguiamo con Anarcoccultismo di Erica Lagalisse (D Editore): chi, come il sottoscritto, può vantare una lunga frequentazione con ambiti di ricerca legati alla filosofia orientale, ha vissuto, anche per questo motivo, un annus horribilis; gli ambienti dedicati alla meditazione sono stati, purtroppo, l’humus più fertile per la diffusione acritica delle più risibili teorie del complotto, complice un diffuso atteggiamento antiscientifico che, nel minestrone New Age, viene scambiato per “illuminazione”. In questo modo, pratiche spirituali ispirate alla non-violenza e alla pace fra i popoli sono stati le migliori incubatrici della peggiore propaganda di destra.

Ma è proprio vero che la ricerca esoterica debba condurre necessariamente a una visione reazionaria della società? In questo libro, l’autrice spiega come in realtà la simbologia anarchica e socialista affondi le radici proprio nel filo occulto che lega la magia rinascimentale alle frange più rivoluzionarie della massoneria moderna. Qualcuno potrà obiettare sull’interpretazione, ideologicamente forzata, di alcune derivazioni simboliche: infatti, il libro più che come saggio accademico, è importante come pamphlet, da sventolare in faccia a chi ciancia di consapevolezza superiore e poi cade nelle trappole di demagoghi di quart’ordine.

Finora, ho parlato di opere molto vicine alla mia esperienza personale; voglio concludere, invece, con un testo che affronta una condizione a me sconosciuta: Storie per genitori appena nati, di Simone Tempia (Rizzoli Lizard). Proprio perché non ho figli (che io sappia), ho potuto apprezzare particolarmente questo libro. Innanzitutto il coraggio: non solo quello di accantonare un personaggio da 100.000 copie (e oltre) di cui ormai si possiedono a memoria tempi, ritmi, voce e stile (ovvero Lloyd, il maggiordomo saggio protagonista dei precedenti libri di Tempia); la vera sfida sta nel raccontare un avvenimento che è sinonimo, nella percezione collettiva, di felicitazioni, regali e gingilli per ciò che, anche, realmente è: lo stravolgimento della normalità, l’assalto del dubbio su ogni decisione, il peso schiacciante di una responsabilità che non ti lascia dormire, un senso ossessivo di impotenza davanti al mistero di ogni minimo malessere, insonnia, sudore, nervosismo, momenti di panico.

Non è facile scrivere un libro così: si cammina su una corda che si sfibra a ogni passo, a ogni riga, tesa su due abissi, da un lato un lago di melassa che ti fa morire di diabete a pochi centimetri di distanza, dall’altro uno strapiombo di pesantezza che riduce tutto a uno sfogo amaro. E qui interviene il tocco magico dell’immaginazione. La quotidianità che diventa fiaba, tante fiabe, allegorie chiare ma non banali di ciò che si vuole davvero raccontare. Regalatelo a tutti i genitori che conoscete. Anche quelli nati tanto tempo fa.

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