Il giorno in cui Matteo Renzi scoprirà le carte sul Recovery Plan, la vera partita politica che si cela dietro alla crisi di governo minacciata da settimane, è arrivato: il leader di Italia Viva ha convocato alle 18 una conferenza stampa in Senato per annunciare il suo pacchetto di misure. E lo stesso faranno in giornata gli altri partiti di maggioranza, come chiesto prima di Natale dal presidente del Consiglio. Ma le premesse alla resa dei conti di Renzi suonano già come un “prendere o lasciare” indigeribile in partenza per Conte. Lo staff di Iv non ha rilasciato alcuna smentita sui retroscena comparsi domenica sul Corriere della Sera, secondo cui Renzi avrebbe già deciso di far cadere l’esecutivo, a prescindere da come andrà il confronto sulle risorse europee. E durante le dichiarazioni di voto che hanno preceduto il via libera della Camera alla legge di bilancio 2021, non sono mancati gli ammiccamenti del renziano Mauro Del Barba al centrodestra: “Nei pochi giorni che ci sono stati concessi abbiamo lavorato bene, maggioranza e opposizione”, ha sottolineato, accusando invece Palazzo Chigi di aver consegnato il testo al Parlamento “con un ritardo mai visto nella storia della nostra Repubblica”.

Le tappe (e i contenuti) del confronto – Prima di tutto i tempi: nel corso della giornata sul tavolo del premier arriveranno le osservazioni al Recovery Plan di tutti i partiti che lo sostengono. Il Pd punta a chiedere più risorse per innovazione, Sud e sanità, con un focus anche sui temi della parità di genere e dell’istruzione, considerati “centrali”. Al Nazareno ritengono fondamentale anche una riforma del lavoro – in particolare di ammortizzatori sociali e politiche attive – da mettere in campo prima della fine del blocco dei licenziamenti. Le osservazioni del Movimento 5 stelle saranno incentrate sul Green e sulla proroga del superbonus fino al 2023, mentre sui contenuti del documento di Italia Viva non c’è alcuna certezza. Se non lo stop alla fondazione sulla Cybersecurity voluta da Conte e l’ennesima richiesta di ricorrere al Mes che una parte della maggioranza, compreso il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ha più volte escluso. Solo dopo aver ricevuto tutte le proposte il premier potrebbe riconvocare la maggioranza, con il rischio che il Consiglio dei ministri per approvare il Piano nazionale di ripresa e resilienza slitti ai primissimi giorni del 2021.

Renzi alza la posta per innescare la crisi – Il punto è che, adesso che il principale ostacolo alla caduta dell’esecutivo è quasi superato – cioè il via libera finale alla manovra per evitare che l’Italia vada in esercizio provvisorio – i renziani sono decisi a trasformare le trattative sui fondi europei in un confronto sulla tenuta stessa del governo. Il rimpasto dei ministri, nonostante le rassicurazioni di tutti i leader, sembra dato per assodato. Ma potrebbe non bastare. “L’esperienza del Conte 2 per me è già archiviata. Se volete discutiamo sul dopo“, avrebbe confidato il senatore di Rignano ai suoi secondo quanto riportato dal Corriere. “Anche perché dovrei nascondermi su Marte se cambiassi idea”. Parole che ancora non hanno ricevuto smentita e che sembrano essersi inasprite dopo l’intervista del premier Conte su Rai1 andata in onda prima di Natale. Come innescare la crisi? Consegnare un documento sul Recovery irricevibile già in partenza e pieno di obiezioni alla bozza stilata dalla presidenza del Consiglio, considerata un “collage di ovvietà senza visione, zeppo di ripetizioni e con paragrafi sbagliati”. L’obiettivo è un’altra maggioranza? Non è detto. L’obiettivo è un altro premier? Non è detto. Piuttosto l’obiettivo non dichiarato potrebbe essere il ministero delle Infrastrutture, ad oggi guidato dalla democratica Paola De Micheli, che muove più di una pedina e gestisce più di una poltrona.

I flirt con il centrodestra – Di sicuro sembrano già sfumati i toni concilianti usati da Rosato e Bellanova subito dopo il faccia a faccia con Conte di una settimana fa. Il sospetto dei pentastellati e di una parte dei dem è che, durante tutto questo tempo, Renzi abbia lavorato per garantirsi il prosieguo della legislatura anche in caso di cambio della guardia a Palazzo Chigi. D’altronde i suoi non hanno mai fatto mistero che in Parlamento si può sempre trovare “un’altra maggioranza, non è chiaro con quale grado di bluff. Nelle ultime settimane non sono mancati nemmeno ammiccamenti al centrodestra, come il costante richiamo alla figura di Mario Draghi che tanti, da Salvini a Berlusconi, vedrebbero bene alla guida del governo al posto di Conte. Del Barba in Aula è stato chiaro sia nell’attaccare l’esecutivo sui ritardi alla manovra, sia nel sottolineare che “nei pochi giorni e notti che ci sono stati concessi, abbiamo lavorato bene insieme, maggioranza e opposizione”. Poi ha sferrato un attacco al duo Conte-Gualtieri, parlando di “risultato positivo” sui miglioramenti a una legge “altrimenti insipida”, nonostante la “camicia di forza a cui siamo stati costretti”.

La resa dei conti è arrivata – L’ex premier sembra escludere anche il rischio che, in caso di crisi parlamentare, una parte del suo gruppo possa sfaldarsi, soprattutto al Senato, per costituire un drappello di “responsabili“. L’intenzione è quella di chiudere il cerchio entro i primi giorni di gennaio, anche se il suo disegno potrebbe naufragare se Conte cercasse di parlamentarizzare la crisi. Chiedendo quindi una verifica di fiducia in Aula come avvenuto nell’agosto 2019, quando Salvini fece cadere il governo giallorosso e nel giro di un mese si formò un nuovo esecutivo con il medesimo premier al vertice. In effetti, riferisce il Corsera, il senatore di Rignano non ha escluso che le cose possano ripetersi allo stesso modo. “Può essere, anche se dare la fiducia a un Conte 3 mi costerebbe”.

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