di Paolo Di Falco e Marta De Vivo

La scorsa settimana una ragazza di 32 anni, Noemi Ocello è morta a Palermo probabilmente per un’intossicazione da metadone. Una ragazza che amava la vita ma che l’ha perduta in un vicolo di Palermo. Una delle tante morti che in qualche modo segnano il nostro presente e che forse dovrebbe iniziare a scuotere un po’ le coscienze di noi giovani che troppe volte lasciamo scorrere la nostra vita e poi non riusciamo più a prenderla in mano.

Noemi aveva provato a riafferrare la sua vita, aveva provato a disintossicarsi e con i pochi soldi che percepiva dal reddito di cittadinanza aveva anche iniziato a risistemare il vecchio pub abbandonato di Discesa delle capre, un vicolo di via dei Candelai e il cuore della movida di Palermo. Accade però che spesso la forza di volontà da sola non basti e che dovrebbe essere aiutata da progetti di reinserimento nella comunità o più semplicemente da qualcuno che è in grado di mostrarti un futuro diverso, un’alternativa possibile.

“La vita ci mette davanti a mille cambiamenti e ciò che amavi e oramai così lontano quasi da non mancarmi”. Così scriveva lei sulla sua pagina Facebook, così mandava delle richieste di aiuto con cui non chiedeva poi così tanto: un po’ di conforto e qualcuno che la capisse. La storia di Noemi è la storia di tanti ragazzi lasciati soli e che nella loro solitudine cadono nel vortice della droga, cadono nelle mani di chi ti promette la vita vendendoti polvere, pasticche che per pochi istanti possono farti dimenticare la realtà che ti circonda.

Si parla sempre di combattere la vendita delle droghe ma qualcuno si è mai chiesto perché sempre più ragazzi sono quasi risucchiati da questi vortici che distruggono le loro vite? Non solo gli esempi sbagliati ma forse anche il bisogno di avere qualcuno accanto che gli indichi una strada, il disperato bisogno di avere uno scopo o una meta da raggiungere. Troppi ragazzi non riescono ad andare oltre la loro adolescenza e così si sentono già tagliati fuori dal mondo da giovanissimi e cercano di scappare, di rifugiarsi in qualcuno o qualcosa a seconda di cosa gli riserva la strada che stanno battendo.

I ragazzi che la conoscevano, alla domanda “Ti ricordi di Noemi?” rispondono: “Ma quella era solo una matta che vedeva fantasmi”. La storia di Noemi è ben altro e guardando sempre il suo profilo Facebook vediamo un post del 23 gennaio 2017 in cui scriveva: “Devo iscrivere per settembre Nathan all’asilo comunale, mi sono fatta un giro ma ancora non sono riuscita a trovare quello giusto…Vi chiedo se potreste darmi un consiglio riguardo alla scelta…Fatemi sapere mamme!!!”.

Da queste parole è possibile dedurre il bisogno di aiuto e la sua volontà di riuscire a dare un futuro a suo figlio e un’infanzia diversa dalla sua, l’infanzia che lei non aveva avuto. E ancora: “Se qualcuno sa di qualche lavoro per favore mi scriva in pvt. È importante!” Noemi era in cerca di lavoro, cercava una vera occupazione, ma era stata lasciata sola, senza possibilità di ripartire e di ricostruire. Non abbiamo dubbi che ci siano tante altre ragazze come Noemi, con la voglia e la forza di ripartire ma senza i mezzi e le opportunità per farlo.

Crediamo che ognuna di queste ragazze possieda una grande forza e una capacità importante di ripresa, il problema è che quando questo avviene, non c’è nessuno ad assisterle se non il buio di un vicolo nelle zone più periferiche e sconfinate. Prima che nascesse suo figlio Noemi scriveva: “Speravo che non si sarebbero ripetuti gli stessi errori, ma qui voglia di crescere ce n’è poca e io e mio figlio abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegga e ci ami… dio aiutami… voglio cambiare vita voglio essere rispettata e non voglio più avere una vita instabile, stare sempre in quella piazza in balia di gente del cazz*… non voglio più sentire parlare d’alcol non voglio più stare con gente che non ha nessuna intenzione di aiutarsi… tutto il tuo mondo è lì ma non è il mio mondo… Palermo non si ferma lì, e io non ne posso più… devo avere la testa per cambiare le cose, così non va più bene”.

Ora possiamo dirlo: Noemi voleva cambiare, riconosceva la sua situazione ed era cosciente di se stessa, oltre che in grado di analizzare ciò che accadeva intorno a sé ma purtroppo era ancora intrappolata in un mondo troppo crudele e spietato per poterne uscire indenne. Una frase che crediamo sia emblematica per questa storia che ci lascia senza parole è di Sandro Pertini: “Nella vita è necessario saper lottare. Non solo senza paura. Ma anche senza speranza”.

Articolo Successivo

Mazara del Vallo, i pescatori liberati riabbracciano i familiari: l’urlo di gioia dei parenti

next