Simona lavora in Regione Sardegna, è stata assunta tramite una selezione riservata alle categorie protette. E’ in categoria A, la più bassa, contribuisce al meglio alle attività del suo assessorato. Ha problemi di salute, spende molto in medicine, ha uno stipendio che si aggira attorno ai 1.000 euro netti (è entrata da poco), ma almeno rispetto ai colleghi comunali ha una mensilità in più.
Naviga nell’oro, insomma.
Vive in un quartiere di Cagliari bellissimo e malfamato, col mare di fronte e solamente case popolari intorno. Prima erano affittuari, col marito e i figli, ed ora mettono insieme i soldi per riscattare quella piccola sicurezza. 60 metri quadri di sicurezza.
Il marito sta peggio: ha problemi di salute più gravi, ma deve continuare a lavorare. Sanità, ospedale cagliaritano, fa il lavoro dell’OSS, sta in corsia da quando era ragazzino. Ma ora, a più di 60 anni, tutto è diverso. Quello che prima si faceva prima in tre ora lo fa da solo. Con la schiena rotta alzare le persone è più difficile.
Il sindacato l’altro giorno ha detto loro che bisogna scioperare, per le assunzioni, la sicurezza ed il salario. Era ora!
Non arrivano a fine mese. Come diceva la canzone, “anche gli operai vogliono i figli dottori”, e loro ci hanno provato. Un figlio studia a Torino Scienze Infermieristiche, un altro per fortuna è rimasto a Cagliari, è un po’ indietro con gli studi e fa Ingegneria.
Non è stato semplice. Non lo è stato mai, e non lo è neanche adesso.
Durante le assemblee (le video-assemblee, perché anche il sindacato ormai usa Zoom), hanno sentito delle polemiche di quelli che hanno stipendi a molti zeri, e che magari vivono negli attici del centro, per cui “non è opportuno che gli statali scioperino” e che “con tutti quelli che stanno peggio, con la pandemia in corso, perché scioperano i garantiti?”. Non hanno capito perché queste polemiche.
Ma non lo sanno questi signori, che poi signori non sono, che chi sciopera perde un giorno di lavoro, retribuzione lorda? Chi sta peggio cosa ci perde? Sì, è vero, c’è chi sta peggio, ma chi lavora a nero (e nel loro quartiere ce ne sono) neanche sa cosa è lo sciopero, e neanche lo può usare. Se loro lo possono usare, dove sta il problema? Ci saranno dei disservizi, dei problemi, ma se serve a creare disservizi e problemi per un giorno, per poi non averli più, perché non farlo?
Alzi la mano, o alzi il mouse, chi pensa che oggi non sia necessario un piano straordinario delle assunzioni nella sanità e nella pubblica amministrazione? E sulla sicurezza, ancora c’è qualcuno che pensi non sia giusto protestare? Con quello che abbiamo vissuto?
Sul rinnovo del contratto, poi, Simona e Paolo non sono neanche contenti della richiesta dei sindacati: se c’è stato il mancato rinnovo per 10 anni, ed il costo della vita è invece aumentato, quei soldi quando li recuperano? Ma sanno che bisogna stare uniti, e non si lamentano. È vero, c’è la crisi, ma è dal 1990 che sentono parlare di crisi, e poi però i ricchi sono sempre più ricchi, ed i poveri sempre più poveri. Insomma, la crisi esiste per i poveri e basta.
Che poi loro, in quartiere, non sono i poveri. Ma sanno bene cosa vuol dire stringere la cinghia.
Ci vediamo distanziati, in piazza, il 9.
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