Sono 50 anni oggi dal debutto di quello straordinario spettacolo di Dario e Franca.

Dopo l’esplosione delle lotte operaie e studentesche del 1968 ci trovammo completamente impreparati di fronte a una reazione violenta e criminale da parte di fascisti, apparati deviati dello Stato, Gladio, Cia, settori della criminalità organizzata e chi più ne ha più ne metta.

Oggi pare incredibile che nell’Italia nata dalla resistenza potesse esistere un tale coacervo di interessi sporchi e comportamenti illegali che contaminava addirittura le strutture dello Stato.

Quest’orda di gruppi, spesso in lotta anche tra di loro, generò un piano reazionario che ripeteva un copione già ben sperimentato a partire dai 21 morti della bomba al cinema Diana di Milano, nel 1921; per questa strage furono incolpati gli anarchici e questo spianò la strada alla presa del potere del fascismo; anche nel 1969 si tentò di fermare la contestazione creando il terrore e il caos. Punto focale di questo piano reazionario furono l’esacerbarsi della violenza delle forze dell’ordine nelle piazze, con pestaggi selvaggi, morti e feriti e una serie di attentati. Il 12 dicembre 1969 a Milano venne compiuta una strage terribile con una bomba nella Banca dell’Agricoltura che causò 17 morti e 88 feriti.

Immediatamente la questura di Milano dichiarò di avere prove inconfutabili della colpevolezza di un gruppo di anarchici e Pietro Valpreda fu arrestato e incriminato come esecutore materiale della strage: era lui l’uomo che aveva portato la bomba nella banca, dentro una borsa di pelle. E c’era perfino un testimone: il taxista Cornelio Rolandi che aveva portato Valpreda fino alla banca.

A suggello di questa certezza fu portato il fatto che uno dei numerosi anarchici arrestati, Giuseppe Pinelli, sentendosi ormai scoperto, aveva urlato: “È la fine dell’anarchia!” e si era buttato dal quarto piano della questura di Milano, suicidandosi.

I media di regime si scatenarono. E subito dopo le autorità diedero il via a un’ondata di arresti: centinaia di sindacalisti e attivisti finirono in galera con accuse che andavano dal blocco stradale alla resistenza a pubblico ufficiale durante gli scontri di piazza.

Il movimento era basito. Per quanto fossimo convinti dell’esistenza di una deriva fascista e golpista non eravamo proprio preparati a un’offensiva di quelle proporzioni e di quel livello di violenza.

Dopo il primo sconcerto però una piccola parte del movimento trovò la forza di reagire: un gruppo di giornalisti, avvocati, intellettuali iniziò a evidenziare le contraddizioni incredibili dell’inchiesta della polizia. Ovviamente anche Franca e Dario aderirono subito a questa campagna di controinformazione.

Iniziarono così all’interno del Collettivo Teatrale Nuova Scena, lunghe discussioni su come fosse possibile raccontare quel che era realmente successo nel modo più efficace.

Mettere semplicemente in scena il racconto delle menzogne di Stato avrebbe prodotto uno spettacolo che per quanto denunciasse fatti mostruosi, non avrebbe attirato a teatro migliaia di persone e quindi non avrebbe ottenuto un grande risultato nella denuncia dei responsabili di tutta quella macchinazione.

Il risultato fu un’idea geniale: inventare una storia assurda che permettesse di raccontare i fatti creando però un gioco esilarante.

Si immaginò che un pazzo, che aveva la mania di spacciarsi per eminente medico, luminare della scienza, prete e quant’altro, fosse finito in questura, in stato di fermo perché colto sul fatto in una delle sue impersonificazioni truffaldine. Una serie di coincidenze e incidenti fanno sì che, lasciato solo in un ufficio, sia lui a rispondere al telefono: un incaricato del ministero gli comunica che un alto magistrato che era atteso in questura per una supervisione sull’inchiesta sulla morte di Pinelli doveva rimandare la sua visita.

Così, su due piedi, il pazzo si traveste da giudice e si presenta in modo autoritario nell’ufficio del questore, pretendendo immediata l’attenzione di tutti i funzionari a vario titolo coinvolti nell’inchiesta sulle bombe e nella morte dell’anarchico suicida.

Il falso giudice accusa i funzionari di aver combinato un grosso casino: sono degli incompetenti! Ma lui è lì per salvarli dalla loro stupidità e per mettere finalmente insieme una versione degli eventi che abbia un minimo di logica e credibilità. Ad esempio, si rivolge a un funzionario chiedendo come faccia a sostenere di aver tentato di fermare il balzo suicida dell’anarchico adducendo come prova il fatto che una scarpa del suicida gli era restata in mano, mentre poi si scopre che il cadavere del Pinelli ha entrambe le scarpe.

Ovviamente questo gioco del ribaltone comico aveva potenza perché realmente la ricostruzione della polizia andava oltre il delirio.

Ecco quindi uno spettacolo che, pur basandosi sugli atti ufficiali e su prove indiscutibili e pur entrando in dettagli tecnici complessi, aveva una forza comica dirompente. Risate irrefrenabili si susseguivano durante tutta la rappresentazione. Puro divertimento per le gag continue ma anche perché l’insieme della storia era uno sberleffo irriverente e una denuncia drammatica dei crimini di Stato.

“Morte accidentale” venne rappresentato nei palazzetti dello sport, nelle bocciofile delle case del popolo, nelle fabbriche occupate, nelle piazze. Ovunque arrivarono a vederlo folle enormi, migliaia di persone che se ne andavano a casa con le informazioni che permettevano loro diventare attivisti della controinformazione. Non avevamo internet, la forza dei nostri giornali era ridicola, ma riuscimmo comunque a scatenare una campagna che spezzò il fronte dei fiancheggiatori di questo complotto e indusse molti italiani a capire come stavano veramente le cose.

Migliaia di militanti progressisti si impegnarono allo stremo e le iniziative furono un numero enorme, ma sicuramente le più di 200 rappresentazioni dell’Anarchico ebbero un grande peso. Il teatro ha una particolare magia, essere lì in mille o in cinquemila, tutti assieme, a ridere della follia del potere ci diede forza e determinazione.

Credo che mai prima di allora uno spettacolo teatrale abbia avuto tanto peso nel difendere un movimento di protesta da un attacco militare e criminale di tale violenza.

Il teatro contro le bombe.

E poi fu un successo internazionale: compagnie di attori in tutto il mondo utilizzarono quel testo per raccontare i loro “anarchici” suicidati e i loro servizi segreti deviati. E ancora oggi questo spettacolo è rappresentato ovunque.

E vorrei aggiungere un particolare molto importante. Nonostante ci fosse una situazione veramente drammatica e la paura fosse enorme, i miei riuscirono a mantenere la lucidità e la correttezza. Non sfiorò loro l’idea che si potesse rispondere alle menzogne con altre menzogne; al contrario erano estremamente preoccupati di essere certi che tutte le affermazioni che venivano portate in scena fossero assolutamente veritiere e provate. Ad esempio, in quel momento molti nel movimento indicavano come primo responsabile del suicidio di Pinelli il commissario Luigi Calabresi. Ma c’erano prove evidenti che Calabresi non fosse neppure presente nella stanza dalla quale il Pinelli volò fuori dalla finestra. Franca e Dario, lavorando insieme a giornalisti e avvocati, si resero conto che Calabresi era estraneo al fatto e questo venne riportato nello spettacolo. Un esempio di onestà intellettuale.

E credo che anche questo elemento di pacatezza e ragionamento sia stato colto dal pubblico e abbia dato allo spettacolo la forza della ragione.

L’irrazionalità estremista che porta a semplificare la verità e a falsificarla in nome della “causa”, non paga. La realtà è complessa e tocca faticare per vederla. Un movimento che non è capace di ragionare con calma e metodo è destinato alla sconfitta.

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