“Lo stadio San Paolo resti al santo che ci ha portato Gesù! Sentiamo con umiltà la grande responsabilità innanzi a Dio di dirvelo”. I preti di Napoli non ci stanno alla proposta del primo cittadino del capoluogo campano, Luigi de Magistris, che dopo la morte del campione che ha fatto vincere due scudetti e una coppa Uefa alla squadra della città ha proposto di intitolare lo Stadio San Paolo a Maradona: il cambio di denominazione è stato approvato oggi dalla Giunta comunale. Le proteste sono state indirizzate prima al prefetto e poi all’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, da numerosi sacerdoti dell’arcidiocesi. Al porporato suggeriscono anche una strada di mediazione: “Il Consiglio dei decani potrebbe valutare la proposta della doppia titolazione, sicuramente equilibrata e poi passarla ai presbiteri”. Ma a che titolo? Lo Stadio San Paolo, infatti, si trova a Fuorigrotta, quartiere del comune di Napoli, ma dal punto di vista ecclesiastico appartenente alla diocesi di Pozzuoli. Il vescovo di questa diocesi, monsignor Gennaro Pascarella, ha dato, invece, il via libera alla proposta di de Magistris. “Ben venga – ha affermato il presule – l’intitolazione a Maradona del principale impianto sportivo della città, se questo aiuterà la crescita umana e sociale della nostra terra perché non si perda la memoria delle nostre radici e ci siano iniziative culturali che mettano in evidenza i fondamenti greco-romani e cristiani di questo territorio”.

Ai preti di Napoli, però, la posizione del vescovo di Pozzuoli non è piaciuta per nulla e hanno scritto parole di fuoco contro il fuoriclasse che ha fatto sognare i partenopei. “Il grande Diego – sottolineano i sacerdoti – ha sperimentato in modo acutissimo la fragilità umana: è stato cocainomane, si è seduto a tavola con i camorristi di questa città, gli stessi che hanno ordinato l’uccisione di Annalisa Durante e di tante altre vittime innocenti, ha lasciato figli ovunque perché non sapeva coltivare un rapporto d’amore e di fedeltà. Ora è incredibile che un santo che ha dato la vita per i valori del Vangelo venga scalzato da un calciatore. Ci sembra assurdo che colui che ha portato Cristo nella nostra civiltà sia sfrattato con tanta velocità e con l’assenso incomprensibile di una parte di Chiesa silenziosa e sonnolenta”. E aggiungono: “Diego ci ha regalato due scudetti, d’accordo. Ma San Paolo ci ha portato la fede”, precisando di trovare “veramente triste che mentre i potenti cancellano i nomi e i segni della fede dalle nostre città, noi cristiani restiamo in silenzio o, peggio, li appoggiamo”.

Posizione totalmente opposta a quella del cardinale Sepe che, “da sportivo e appassionato di calcio”, ha raccontato di aver “sempre seguito e ammirato Maradona per le sue straordinarie doti tecniche che lo hanno reso famoso in tutto il mondo”, pur non avendolo mai conosciuto personalmente. Il porporato ha, inoltre, “condiviso la tristezza e il dolore delle tantissime persone che a Napoli e nel mondo, per le strade o nel chiuso delle proprie abitazioni, sono rimaste incredule e umanamente colpite all’annuncio della dipartita da questa terra dell’inimitabile genio calcistico, qual è stato Diego Maradona”. Sepe lo ha anche ricordato nelle sue “preghiere e nella messa, affidando l’anima del famoso defunto a Dio misericordioso”.

Anche L’Osservatore Romano, il quotidiano del Papa, ha voluto rendere onore al più grande calciatore di tutti i tempi con un editoriale in prima pagina del suo direttore, Andrea Monda. E lo stesso Francesco, amico e connazionale di Maradona, ha voluto pregare per il fuoriclasse e inviargli un rosario per dirgli il suo grazie in particolare per l’impegno nella Fondazione Scholas Occurentes, voluta da Bergoglio prima a Buenos Aires quando era arcivescovo e poi portata in Vaticano, per l’educazione dei giovani, soprattutto di quelli più bisognosi, in tutto il mondo. Ma se napoletani e argentini hanno nutrito una vera e propria “fede” in Maradona, la dimensione religiosa di un uomo che si è sempre definito molto credente è stata raccontata anche da un suo compagno di squadra, Osvaldo Ardiles. Il campione del mondo argentino ha rivelato che, durante il Mondiale del 1982 in Spagna, lui e Maradona scapparono dal ritiro rubando una macchina per andare a messa e si fecero fotografare coi ragazzi che in quella celebrazione ricevettero la prima comunione. I due gettarono nel panico la sicurezza perché c’era la guerra delle Falkland e si ipotizzò una ritorsione ai danni dei due giocatori argentini. “Quando hanno scoperto il nostro piano – ha raccontato Ardiles – sono venuti nella chiesa dove eravamo e ci hanno fotografato coi ragazzi”. Tutt’altro che una bravata.

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