Dall’11 novembre contagi e ricoveri sono iniziati a calare in Belgio, Paese che però detiene però il numero più alto di decessi in rapporto alla popolazione nel mondo. Tante le vittime registrate nelle case di riposo durante la pandemia, che sono state il 61,3% dei morti Covid tra marzo e ottobre. Numeri in base ai quali Amnesty International ha accusato le autorità belghe di avere ”abbandonato” e quindi lasciato morire migliaia di anziani nelle Rsa durante la prima ondata, violando i loro diritti alla salute e negando le cure ospedaliere a molti contagiati. E questo perché, sostiene l’organizzazione, gli ospiti contagiati non sono stati trasferiti negli ospedali dove avrebbero potuto essere curati. Secondo Medici Senza Frontiere, la percentuale dei decessi arriva addirittura al 64 per cento nella prima fase, ovvero circa 6.200 persone. La maggior parte di queste persone, 4.900 in tutto, è morta nella stessa casa di riposo, senza essere mai stata trasferita in ospedale. In Belgio, Paese che conta una popolazione di 11,5 milioni di persone, sono stati segnalati più di 535.939 casi di coronavirus confermati e 14.421 morti legati all’infezione.

“Test sistematici sui dipendenti delle Rsa solo da agosto” – Per la ong il Belgio non è stato abbastanza rapido nell’attuare le misure utili a proteggere gli ospiti e il personale delle case di cura, non riuscendo così a tutelare i loro diritti e le loro vite. In particolare, violando il diritto all’assistenza sanitaria. “I risultati della nostra indagine ci consentono di affermare che (le case di cura, ndr) e i loro residenti sono stati abbandonati dalle nostre autorità fino a quando questa tragedia non è stata denunciata pubblicamente”, ha dichiarato Philippe Hensmans, direttore di Amnesty International Belgium. Sempre nel rapporto si legge che i test sistematici sui dipendenti delle case di cura in Belgio non sono stati introdotti prima di agosto, con un solo test al mese. Citando i dati di Medici Senza Frontiere, che ha collaborato al rapporto di Amnesty, solo il 57 per cento dei residenti delle case di riposo e gravemente malati ha potuto essere trasferito in ospedale. Prima della pandemia da Covid-19, il numero era pari all’86 per cento.

Il nodo dei trasferimenti in ospedale Vincent Fredericq, segretario generale della federazione delle case di cura Femarbel, ha detto ad Amnesty International che “le case di cura sono state relegate in secondo piano” perché le nostre autorità hanno ritenuto che “era assolutamente necessario evitare di sovraccaricare la terapia intensiva”. “Alcune persone anziane sono probabilmente morte prematuramente – scrive Amnesty International -. Ci sono voluti mesi prima che una circolare affermasse esplicitamente che il trasferimento in ospedale era ancora possibile, se era conforme agli interessi e ai desideri del paziente, indipendentemente dall’età”.

Maggie De Block, l’ex ministro della Salute belga in carica durante i primi mesi della pandemia, ha detto alla rete locale Rtbf che “non c’è mai stato un messaggio né dal governo federale né dai miei colleghi regionali che dicesse che non dovevamo ricoverare persone che ne hanno bisogno, o che potevamo rifiutare persone anziane o disabili”. L’attuale ministro della Sanità, Wouter Beke, intervenuto questa mattina all’emittente radiofonica Vrt, non ha voluto commentare il rapporto di Amnesty, limitandosi ad affermare che la situazione delle case di cura è stata discussa nel dettaglio e sono state apportate le modifiche necessarie.

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