Negli Stati Uniti, mentre Donald Trump non riconosce la vittoria di Joe Biden e continua a ipotizzare frodielettorali senza avere alcuna prova, le dichiarazioni di un dipendente delle Poste della Pennsylvania diventano un caso a supporto dei brogli ipotizzati dal tycoon. Richard Hopkins ha riferito che un dirigente del servizio a Erie ha chiesto ai dipendenti di retrodatare le schede arrivate per posta dopo l’Election Day. La sua denuncia era stata citata dal senatore Lindsey Graham, in una lettera fatta pervenire al Dipartimento di Giustizia in cui si chiedeva l’apertura di un’inchiesta federale. Il Washington Post aveva poi pubblicato un articolo in cui spiegava che l’uomo aveva ritrattato di fronte agli inquirenti intervenuti per conto delle Poste.

Ma in nottata l’uomo ha diffuso un video su Youtube (sopra) negando di essere tornato sulle proprie affermazioni, considerate dai Repubblicani fonte di prove di ampie irregolarità compiute nella gestione delle operazioni di voto durante le presidenziali. “Sono qui per dire che non sono tornato indietro su quanto affermato. Non è successo”, ha spiegato nel filmato Hopkins, che non ha risposto alle richieste di interviste e precisazioni avanzate dal Washington Post.

L’Attorney General William Barr, successivamente alle sue dichiarazioni, aveva autorizzato i procuratori federali ad avviare inchieste su potenziali attendibili irregolarità e frodi prima ancora che i risultati finali fossero stati certificati, capovolgendo una pratica seguita da molto tempo dal suo Dipartimento. Ma il New York Times, citando funzionari e procuratori di tutti gli Stati – ad eccezione del Texas che non ha risposto – ha spiegato che finora non sono stati riscontrati brogli o irregolarità. Da ricordare che tanti Stati in Usa accettano le schede arrivate dopo l’Election Day (in Pennsylvanya fino a tre giorni dopo): l’importante è che il timbro postale non sia posteriore al 3 novembre.

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