L’esteso ricorso alle metodiche della didattica a distanza imposto dalla corrente epidemia di Covid sta accelerando una degenerazione globale della cultura, che in forme più larvate e graduali era in corso da anni, promossa in larga misura da un uso improprio di Internet.

Internet, se usato propriamente, è una grande risorsa. Trattandosi di un repertorio gigantesco, Internet contiene informazione di qualità molto variabile la cui affidabilità deve essere costantemente vagliata dall’utente; questo è un problema perfettamente noto, che non richiede ulteriore analisi. C’è però un difetto più sottile nell’uso pratico che si fa di Internet, anche quando si selezionano informazioni completamente vere ed affidabili, ed è la capacità del mezzo di decontestualizzare l’informazione.

Anche limitandosi all’informazione migliore, Internet è sostanzialmente una enciclopedia, cioè un repertorio privo di ordine logico, non perché i suoi singoli elementi non lo possiedano, ma perché questi vengono resi accessibili da motori di ricerca insensibili alla logica. Un esempio varrà più di mille parole: un mio collega che doveva farsi curare un dente fece per scherzo una ricerca tramite Google usando le parole chiave “death” e “dental care” e ottenne, come ci raccontò ridendo, quasi 90 milioni di hits, i primi dei quali da fonti completamente affidabili (ovviamente non era andato a guardare oltre le prime pagine dei risultati). Si fece curare il dente: aveva fatto la ricerca a scopo provocatorio, ma non le annetteva alcun valore pratico.

Il punto, come si capisce chiaramente, è che il motore di ricerca trova ciò che gli si chiede di trovare ma non può contestualizzarlo logicamente. Il motore di ricerca non dà all’utente un sensato consiglio: “fatti curare il dente” o “non fartelo curare”. Il sensato consiglio viene esclusivamente dall’esperto (o anche dal programma costruito allo scopo da una équipe di esperti) che è in grado di contestualizzare l’informazione.

La didattica a distanza, specialmente se erogata in modalità asincrona e quindi scarsamente interattiva, tende molto di più della didattica in presenza a promuovere un atteggiamento passivo dello studente che finisce per recepire informazione anziché formazione. Questo nella mia esperienza di quest’anno è molto evidente dal confronto tra le domande che gli studenti pongono in presenza o in una didattica a distanza erogata in modalità sincrona (gli studenti ascoltano mentre il docente spiega) e quelle che gli studenti pongono in merito al materiale fornito in modalità asincrona (lezioni registrate, dispense rese disponibili sul sito web).

La modalità sincrona favorisce lo sviluppo del ragionamento; quella asincrona si spezzetta in una serie slegata di nozioncine (qual è la definizione di…? come avviene che…?), esattamente analoga alla cultura del web: ovvero, in modalità asincrona lo studente cerca di usare il docente come un surrogato di Google, anziché come una guida. Usare Google non dà cultura così come il possesso di una enciclopedia non rende il suo proprietario un enciclopedista; al contrario usare Google illude l’utente di sapere qualcosa quando in realtà ha acquisito una nozione inutile perché decontestualizzata.

Cercare di usare il docente come se fosse un motore di ricerca rivela immaturità da parte dello studente ed è avvilente per il docente; in mancanza di soluzioni migliori, io ho provvisoriamente adottato questa strategia: anziché dare risposte alle domande che gli studenti mi pongono mediante le applicazioni che utilizziamo per la didattica asincrona, do le indicazioni su quali capitoli dei testi adottati o delle dispense contengono l’argomento richiesto, perché il capitolo contestualizza il concetto anziché isolarlo come farebbe la mia risposta.

Se lo studente mi chiede, ad esempio: “Cos’è il delta H?” la mia risposta è: “Il concetto del delta H è spiegato molto bene nella dispensa sull’equilibrio chimico, al link…”. Non credo che questa strategia sia ottimale ma è certamente migliore che cercare di dare quella risposta di tre righe che lo studente vorrebbe: perché se io scrivessi tre righe lui imparerebbe quelle, crederebbe di aver capito qualcosa, e avrebbe acquisito una nozione inutilizzabile perché slegata dal contesto nel quale deve essere applicata.

Purtroppo spiegare qual è il disastro culturale creato da Google e aggravato dalla didattica a distanza asincrona non è facile: oggi il mondo è di Google. Inoltre la didattica a distanza non può fare a meno delle modalità asincrone, perché queste hanno il pregio di prescindere dalla qualità della connessione a cui lo studente ha accesso: il materiale scritto o registrato può essere cercato ed utilizzato più volte e l’eventuale caduta temporanea della connessione non ne pregiudica la fruizione.

Entro certi limiti il disastro è contenuto dal fatto che alcune modalità didattiche all’università si svolgono comunque in presenza: laboratori, esercitazioni, frequenza nei reparti, etc. Ma il problema non può essere sottovalutato: le misure di isolamento, anche se necessarie, causano danni gravi, e la carente formazione degli studenti è solo uno tra questi.

Articolo Precedente

La scuola finora è stata il capro espiatorio delle difficoltà del Paese. Con una beffa in più

next
Articolo Successivo

Scuola, sindaci con le mani legate e trasporti insufficienti: ecco perché non ha funzionato il sistema degli ingressi scaglionati

next