La buona notizia l’ha data lui stesso nel suo editoriale di oggi sulla Stampa: Massimo Giannini, direttore del quotidiano torinese, torna a casa dopo essere stato ricoverato a causa del Covid-19. “Sono ancora positivo – scrive – ma dopo 21 giorni di Covid e almeno tre senza più sintomi posso proseguire la quarantena a domicilio“.

“C’è un drammatico bisogno di posti letto, per ricoverare i tanti, troppi pazienti gravi che arrivano in continuazione”, ha scritto. “Quando sono entrato io, solo al mio piano, eravamo in 18. Ora ce ne sono 84“, racconta Giannini. “Oltre la metà ha meno di 54 anni, ed è intubata e pronata. Una procedura terrificante, che mi sono fatto raccontare. Ti sedano, ti infilano un tubo nei polmoni, e da quel momento su di te scende la notte di un tempo infinito e un luogo indefinito”. Sdraiato sulla pancia per 16 ore, poi supino per altre otto: così fino a quando i polmoni si “distendono”, sperando che nel frattempo la malattia regredisca.

Chi guarisce viene estubato. Ma se non accade, “te ne vai senza saperlo, senza che un familiare, un parente, un amico possano averti dato l’ultima carezza“, scrive Giannini. “Tutto questo mi è stato risparmiato. Lascio il mio letto a chi sta peggio di me, in attesa di un primo tampone finalmente negativo. Non so quando arriverà, e non mi importa. Tra tanti ‘sommersi’ che ho visto in questa avventura, io sono tra i salvati”. In ospedale ricoverata per Covid c’è anche la madre di Giannini. “Anche se la mia povera madre rimane ancora lì, in quella stanza, a fronteggiare il Male da sola, io sono grato”.

Dopo essere risultato positivo, Giannini, 58 anni, è stato ricoverato in ospedale e ha dovuto passare anche qualche giorno in terapia intensiva. In un altro editoriale di una settimana fa, il direttore della Stampa aveva raccontato la sua esperienza nel reparto Covid. Aveva raccontato le condizioni delle terapie intensive in Italia, l’età media dei ricoverati, le cure a cui sono sottoposti, le situazioni che i medici e il personale sanitario in generale devono affrontare. “Gli ultimi cinque giorni“, aveva detto, “li ho passati in terapia intensiva, collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro. Il Covid è infido, è silente, ma fa il suo lavoro: non si ferma mai, si insinua negli interstizi polmonari, e ha un solo scopo, riprodursi, riprodursi, riprodursi”. Giannini aveva deciso di raccontare la sua esperienza per far capire ai lettori con che malattia si ha a che fare e che questa epidemia è il “fronte di guerra” di questo millennio. “La guerra c’è e si combatte nei letti di ospedale e non nei talk show“, aveva scritto.

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