Migliaia di persone con disabilità ospiti nei centri residenziali per motivi di sicurezza non potranno più ricevere le visite di parenti e assistenti personali. Regione Lombardia, con l’ordinanza n.619 del 15 ottobre 2020, ha stabilito il divieto di accesso fino al 6 novembre non solo nelle Rsa ma anche all’interno, ad esempio, delle Residenze sanitarie per disabili (Rsd) e delle Comunità socio sanitarie (Css). Una decisione presa per motivi di sicurezza che però, lasciando soggetti fragili senza la possibilità di incontrare familiari o amici, rischia di compromettere situazioni già molto delicate. La scelta del Pirellone ha provocato la reazione delle associazioni che hanno inviato una lettera-appello per chiedere all’ente presieduto da Attilio Fontana di rivedere la sua decisione. “Chiediamo a Regione Lombardia di rivedere questa ordinanza al fine di garantire ai familiari e ai caregiver l’accesso alle strutture residenziali dove vivono i loro cari, prevedendo l’adozione delle stesse misure di sicurezza che vengono adottate per consentire l’ingresso degli operatori sociali e sociosanitari che vi lavorano”, scrivono il portavoce del Forum Terzo Settore Lombardia Valeria Negrini e il presidente di LEDHA Alessandro Manfredi.

“Il provvedimento in questione”, aggiungono le organizzazioni, “è più rigido se confrontato con il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 13 ottobre che conferma dei limiti e non un divieto assoluto nell’accesso a questi centri”. Il Pirellone, precisa, che saranno comunque consentiti ingressi solo in casi particolari come “situazioni di fine vita”. Nell’appello si sottolinea che “l’ordinanza Regionale produce effetti non solo sui servizi residenziali per anziani (che già vedono, da lungo tempo, forti limitazioni), ma impone un divieto che si allarga a tutte le altre persone e strutture (per persone con disabilità, per quanti vivono in strutture della psichiatria e delle dipendenze, fino ad arrivare alle comunità per minori) paragonando e subordinando alle stesse regole, ad esempio, una struttura che accoglie giovani con sofferenza mentale con una dove vivono anziani ultra-ottantenni con patologie plurime”. Secondo il direttore della LEDHA Giovanni Merlo l’ordinanza riguarda “più di 60mila persone a cui impone di non vedere più nessuno dei loro cari almeno per le prossime settimane: ma sappiamo tutti che il tempo della loro reclusione potrebbe essere più lungo, durare fino alle fine dell’inverno o fino alla fine della pandemia da Covid-19”. Le organizzazioni che tutelano i diritti delle persone disabili parlano di “ingiusta discriminazione”. “Mentre una larga maggioranza di cittadini lombardi può continuare a svolgere le proprie attività quotidiane, rinunciando solo in maniera limitata ad alcuni interessi e attività ricreative – affermano gli enti del Forum Terzo Settore Lombardia -, una persona che vive, ad esempio in una Rsd con questa ordinanza è costretta a tornare a vivere in una situazione di isolamento totale”.

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