La scuola italiana sta cambiando. L’incidenza degli alunni con background migratorio nelle classi del Paese ha sfiorato il 10% nell’anno scolastico 2017/18, nonostante gli studenti con cittadinanza non italiana non aumentino più come in passato. Una conferma di quanto i cittadini di origini straniere si stiano integrando nel tessuto sociale del territorio. A rivelarlo è l’ultimo report di Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità), dal titolo “Alunni con background migratorio in Italia. Le opportunità oltre gli ostacoli” a cura di Mariagrazia Santagati ed Erica Colussi. Sullo sfondo resta però un divario che si fa fatica a colmare. “In base a elaborazioni condotte per Ismu su un database di dati amministrativi relativi a un campione nazionale, più della metà degli alunni italiani – cita l’indagine – sceglie di iscriversi a un liceo (51,8%), contro poco più di un terzo degli studenti stranieri di seconda generazione (34,9%) e meno di un quarto di quelli di prima generazione (24,4%)”. Nel rapporto si mostra che tali differenze trovano spiegazione non solo nei livelli di apprendimento inferiori ai nativi con cui gli alunni di origine immigrata concludono la terza media, ma anche in altri fattori dovuti al background migratorio degli studenti.

La scelta post licenza media sembra essere un momento nel quale le origini non italiane degli studenti, anche di quelli che si distinguono per buone performance, incidono sulla riproduzione delle disuguaglianze educative. Ponendo infatti in relazione i punteggi ottenuti nei test Invalsi di matematica e le iscrizioni ai licei, emerge che tra gli studenti con i migliori risultati, il tasso di iscrizione al liceo è di poco superiore al 70% per gli italiani, contro il quasi 40% per gli studenti stranieri di prima generazione. Anche guardando all’analisi degli iscritti al liceo in base al voto finale di licenza media e alla cittadinanza i risultati trovano conferma. Emerge infatti che, anche se promossi con buoni voti alle medie, gli alunni stranieri scelgono meno i licei rispetto a quelli italiani”.

Il rapporto analizza anche un altro aspetto, cioè il numero di migranti bambini che arrivano in Italia senza l’accompagnamento di un adulto e iniziano a frequentare le scuole nel nostro Paese. Il primo dato preso in considerazione riguarda il numero di migranti e richiedenti asilo che frequentano le scuole nel nostro Paese. “Il sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) – spiegano i ricercatori – ci dice che nel 2018, negli 877 progetti Sprar (di cui 144 specifici per minori stranieri non accompagnati), si è rilevata l’iscrizione di 2.458 minori nel sistema scolastico, di cui 1.832 bambini non accompagnati e altri 1.176 sono nei corsi di formazione professionale”. Al 31 agosto 2020 scorso, però, i bambini migranti risultano essere 5.540. La maggior parte arriva dall’Albania (22,9%), dal Bangladesh (17,4%) e dall’Egitto (10,8%) attraverso il mar Mediterraneo e la rotta Balcanica. La regione che ne ospita il maggior numero è la Sicilia (1.149), pari al 20,7% di tutti i minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro Paese, seguita dalla Lombardia (660) e dal Friuli Venezia Giulia (622).

Sono tutti bambini e ragazzi che arrivano in Italia per cambiare vita: spesso non hanno frequentato le scuole nei loro Paesi d’origine o le hanno interrotte, ma molti di loro desiderano tornare in aula. Sono gli “invisibili”, quelli di cui non si parla mai. Capire quanti effettivamente siano inseriti in percorsi formativi non è facile. Ma dalla ricerca emerge anche un altro problema: nonostante molti desiderino continuare gli studi, i più non prendono in considerazione questa possibilità perché al raggiungimento dei 18 anni generalmente perdono le tutele di cui godono da minorenni e sono quindi obbligati a rendersi autonomi e indipendenti per poter sopravvivere e rimanere in Italia. Eppure, anche di fronte a queste difficoltà, qualcuno prosegue gli studi. A fare la differenza in molti casi è l’accompagnamento di persone di riferimento incontrate nel Paese di accoglienza, educatori in grado di proteggere le vulnerabilità e valorizzare l’intraprendenza di questi minori, operatori capaci di negoziare con le istituzioni formative. Il rapporto dedica poi un capitolo agli alunni stranieri con disabilità che sono 34.575, con un aumento rispetto al 2016/17 di 4.833 unità.

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