Lo abbiamo amato come il mediano tutto grinta e polmoni della nazionale dei Mondiali. Quando è passato dal campo alla panchina, abbiamo un po’ tutti pensato che sarebbe stato anche quel tipo di allenatore. E le sue prime esperienze, atteggiamenti, risultati a dire il vero non avevano fatto nulla per farci cambiare idea. Così abbiamo finito per appiccargli un’etichetta: Rino Gattuso sarebbe rimasto per sempre “Ringhio”, anche da tecnico. Invece è molto di più.

Napoli-Atalanta, il meraviglioso 4-1 rifilato dagli azzurri alla banda di Gasperini, una lezione di calcio alla squadra che nell’ultimo anno ha giocato il calcio più bello d’Europa, è forse la rivelazione definitiva di Gennaro Gattuso allenatore. Che non è solo il Gattuso aggiusta spogliatoi, grande uomo ma tecnico un po’ modesto, che non vorresti mai affrontare ma tutto sommato neppure avere alla guida della tua squadra. Tutto quello che avevamo visto in passato, che credevamo fosse verità assoluta, lui lo sta cancellando in quest’inizio di campionato, smentendo i suoi critici ma probabilmente pure i suoi ammiratori.

Il suo Napoli in questo momento è la squadra più in forma, più completa, più solida, forse semplicemente più forte della Serie A. Più della Juventus di Pirlo, ancora in cerca di identità. Più dell’Inter di Conte, che prende troppi gol. Più del Milan di Pioli, che ha vinto il derby, è primo a punteggio pieno ma non ha le stesse alternative. Non basta: il Napoli gioca anche un calcio divertente, e super offensivo. Contro l’Atalanta, ha schierato quattro attaccanti (Politano, Mertens, Lozano alle spalle di Osimhen), più un centrocampista di qualità come Fabian Ruiz in mediana. E i risultati si vedono: 12 gol fatti, appena 1 subito (sul campo). Stona solo quel -4 dalla vetta della classifica, frutto della famosa sconfitta a tavolino (con tanto di punto di penalizzazione) contro la Juventus. Ma su quello, in attesa dei ricorsi, è inutile rimuginare. Anche perché – chi lo conosce lo sa – Gattuso quella partita avrebbe voluto giocarla davvero. E si capisce anche perché.

Che con quei giocatori a disposizione il Napoli potesse giocare così era immaginabile. Che l’avrebbe fatto con Gattuso molto meno, perché con lui ci eravamo abituati ad altri tipi di squadra: rognose, per non dire a volte proprio catenacciare, in grado di far giocar male qualsiasi avversario e quasi mai di giocar bene. Anche il suo primo Napoli, quello dell’anno scorso, in fondo era così, e così ha vinto la Coppa Italia. E lo stesso vale un po’ per tutte le sue precedenti avventure. Però a ben guardare Gattuso non aveva mai avuto la possibilità di esprimersi liberamente: questa è la prima volta in carriera che può partire dall’inizio, con una squadra all’altezza, e una società ambiziosa alle spalle (se si esclude l’esordio al Palermo, che però davvero non fa testo).

Poi solo missioni disperate, come l’Ofi Creta e il Pisa, dove si trattava più di tenere alta la dignità del pallone che di giocare a calcio. Solo squadre disastrate, da rimettere in sesto coi cerotti a stagione in corso, come al Milan e al Napoli, o società senza uno straccio di progetto e ancor meno riconoscenza (sempre il Milan). Così ci eravamo convinti tutti che Gattuso fosse solo un traghettatore, un “normalizzatore” per club in crisi, al massimo un buon tecnico di provincia. Ma le etichette spesso te le appiccicano addosso gli altri, a volte anche un po’ il destino, e non dicono davvero chi sei. Scusaci Ringhio, continua pure a farci divertire.

Twitter: @lVendemiale

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