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Enrico Papi a FqMagazine: “Il coming out di Gabriel Garko? Non serviva, oggi il gossip è finto. La mia tv non è trash come dice Aldo Grasso”

Il conduttore di “Guess My Age”, “Name That Tune – Indovina la canzone” e volto di punta di Tv8 traccia un bilancio della sua carriera dalle candid camera per Magalli, passando per le paparazzate in tv e il matrimonio poi finito con Mediaset. C'è solo una persona a cui Enrico oggi dice grazie: sua madre

di Andrea Conti

Enrico Papi è un po’ come l’araba fenice. Morto e risorto senza però mai fermarsi con la mente sempre al futuro e alla creazione di nuovi format. Il debutto in Rai, poi la fine del lungo matrimonio con Mediaset e oggi volto di punta di Tv8 grazie a “Guess My Age” e a “Name That Tune – Indovina la canzone”. A IlFattoquotidiano.it Enrico Papi parla del gossip, del coming out di Garko, dell’Ares Gate, dei format, dei talent e dei momenti di pausa ma anche di quella volta che ha portato un agnellino in classe.

Enrico Papi nasce a Roma il 3 giugno 1965…
Eh no ma l’anno non si può dire! Partiamo già malissimo (ride; ndr)

Che adolescente sei stato?
Irrequieto, mia mamma me lo diceva sempre. Sono sempre stato molto curioso, sempre in movimento e mai fermo. Non mi è mai piaciuto studiare ma amavo la storia, l’arte e anche la geografia. Volevo sempre organizzare feste, far casino… ero e sono un grande amante degli animali. Così ho portato in classe conigli, capre, pecore, tartarughe, cani…

In che senso?
Si! Ad esempio, mio nonno che era contadino venne a casa nostra, a Roma, perché era rimasto solo. Mi regalò un agnellino. Così con la complicità di nonno, papà e mamma ho portato l’agnellino a scuola facendogli fare il giro delle classi! Oggi sarebbe impossibile farlo.

Poi arriva Giurisprudenza ma non ti laurei, come mai?
Mi mancavano solo 7-8 esami poi il lavoro mi ha preso talmente tanto che ho dovuto mollare. Ma è stata mia madre a spingermi ad iscrivermi all’Università, preoccupata giustamente che io avessi un piano B nella vita.

Nel 1988 Giancarlo Magalli ti cambia la vita…
Giancarlo Magalli aveva una redazione del suo programma ‘Fantastico bis’ in via Asiago e le finestre davano sulla strada. Sono andato sotto le finestre per farmi convocare, ma giustamente non mi hanno mai chiamato. Così un mio amico ha organizzato un incontro con Magalli che ha voluto vedere la prima puntata della mia candid per prova.

Cosa è successo?
È impazzito perché erano candid pazzesche. Così aveva deciso di mettermi in squadra. Io ero disperato e l’ho fatto quasi gratis quel lavoro perché per me era una occasione unica. Così in fretta e furia ho organizzato una squadra di 4 persone per una pseudo produzione con telecamere e un furgone sgangherato per fare le riprese. Una volta la polizia ci ha anche fermato perché ero vestito da nazista.

Come mai eri travestito da nazista?
Magalli mi aveva detto ‘ora vestiti da nazista ed entri dentro un cinema con lo sconto militare’. Naturalmente hanno chiamato la polizia che mi ha subito circondato, ma ho spiegato che era una candid camera. Ovviamente non ci hanno creduto, così quando hanno trovato i miei colleghi nel furgoncino, mi hanno lasciato andare (ride, ndr)

Il gossip di “Papi Quotidiani” era diverso da quello che è venuto dopo con Corona e altri?
Completamente differente. Io volevo solo mettere in risalto i personaggi e non volevo il loro male. Per me i vip erano linfa vitale, era importante che fossero contenti anche se li pizzicavo in situazioni strane. C’è anche da dire che ho buttato un sacco di materiale perché molte volte mi rendevo conto di aver fatto delle cose che andavano al di là del mio lavoro.

Ti eri imposto un codice etico?
Sì, i personaggi famosi erano parte della mia vita, alla fine io ero solo sconosciuto. Quando mi è capitato, in alcune rare occasioni, di beccare qualche vip in occasioni che potevano metterli in difficoltà con la conseguenza che avrei rovinato la loro vita, mi fermavo.

Cosa facevi?
Spegnevo subito le telecamere e me ne andavo. Questo per me era un concetto fondamentale.

Il gossip di oggi com’è?
Oggi è tutto finto perché con l’avvento di Instagram tutti sono diventati paparazzi. Poi i personaggi famosi si fanno le paparazzate dentro casa con le dirette Instagram. Non c’è più quel mistero dietro un personaggio pubblico. Fare uno scoop oggi è molto più difficile.

Che ne pensi del coming out di Gabriel Garko al Grande Fratello Vip e a Verissimo?
Secondo me il coming out, come quello di Garko, non serve assolutamente a nulla perché in realtà ognuno della propria sessualità fa, giustamente, quello che vuole. Lo stesso vale per chi dice di essere un playboy ed essere andato con tante donne. Forse è un modo per sentirsi più contemporaneo con la consapevolezza di farlo perché prima o poi è una cosa che verrebbe fuori.

E dell’Ares Gate e delle coppie false a scopo mediatico, cosa pensi?
Le storie costruite a tavolino sono sempre esistite, in America lo si è fatto per tanti anni. Chi è personaggio pubblico si crea una immagine. Qual è la verità? Qual è la storia vera della tua vita? Quella che fai privatamente o quella che hai creato per il pubblico? Cosa interessa al pubblico delle tue due vite?

Chi, secondo te, inganna il pubblico?
Per me l’inganno è quando c’è chi si è cucito addosso una immagine di persona perbene, altruista, generosa con una bella famiglia, quando in realtà non lo è.

Diverse volte sei uscito di scena, perché è successo?
Purtroppo oggi mi rendo conto di aver commesso degli errori e di aver agevolato delle decisioni che poi si sono rivelate dannose e che mi hanno portato a fermarmi facendo contento qualcuno.

Ti sei pentito di alcune scelte?
Sì. Oggi non farei più scelte che vanno in una certa direzione e che hanno messo in difficoltà me e la mia famiglia. In questo mondo non ci sono amici perché malgrado qualcuno dica ‘amico mio ti voglio bene’ oppure ‘ ti amo’ o cose simili non esiste questa roba.

Addirittura?
Gli amici veri sono quelli che coltivi nella vita privata e poi nel nostro mondo trovare amici è complicato, siamo tutte primedonne che non si sopportano!

Hai attraversato dei momenti difficili?
Mi sono scontrato con certe realtà e ho preferito levarmi di torno. Oggi mi sembra che tutti abbiano un posto fisso. C’è gente in televisione da una vita. Il nostro lavoro non è da posto fisso: se un programma non va, non va. Stop. Bisogna essere un po’ più onesti.

Ma la colpa dei flop di chi è? Degli autori, del format o della conduzione?
Premesso che non farò nomi e nemmeno se me li chiedi te li farò (ride, ndr). Ci sono dei conduttori che tolgono 2-3 punti di share a un programma e conduttori che, invece, aumentano lo share di 2-3 punti. Tutto questo è provato.

Perché allora si insiste su alcuni nomi?
È il mistero della fede della televisione (ride, ndr). Il discorso comunque vale anche per alcuni format che funzionano solo per una serie di motivi tra cui l’orario, la collocazione in palinsesto e la Rete. Non esiste un format che va bene per tutto.

Quindi da cosa dipende la fortuna di un format?
Quanto l’autore pensa al pubblico che è il cliente per eccellenza. Un pochino questa cosa si è persa.

Come mai?
Perché c’è chi deve onorare i contratti imponendo quel conduttore o quella conduttrice per forza. Così si rischia di rovinare format che vanno bene.

Stai sviluppando qualche nuovo progetto?
Ho inventato un format che ho proposto a livello mondiale per Banijay Group. Un format che ho creato durante il lockdown. Ho realizzato la puntata pilota e l’ho girato. È piaciuto ed è stato opzionato per diversi Paesi del mondo.

Dall’estero all’Italia invece avevi portato Reazione a catena. Come andarono le cose?
Assieme a Giorgio Gori, ex capo di Magnolia, avevamo proposto il programma a Rai Uno perché si prestava per la Rete. Poi è andata bene. La gente mi pensa solo come conduttore, in realtà io mi diverto pure a sperimentare.

I talent show hanno stancato?
I programmi possono andare in onda anche per tanti anni perché non hanno una scadenza come gli yogurt, però è importante anche diversificare l’offerta. I talent funzionano perché non sono molto costosi in quanto nel cast c’è gente sconosciuta, poi si investe sulla giuria che può suscitare interesse. L’unica data di scadenza te la dà il pubblico, quando ad un certo punto ti dirà ‘basta’. Inevitabile.

“The Voice” è andato in onda per sei stagioni su Rai2, senza grande successo, ora sarà su Rai1 con la versione Over 60. Funzionerà?
‘The Voice’ è un bellissimo format però ci siamo un po’ distaccati da quello originale che funzionava soprattutto perché aveva una durata molto più breve e dinamiche diverse. In Italia abbiamo prime time che si spalmano su prima, seconda, terza serata fino all’indomani mattina, in alcuni casi. Tutto per mezzo punto di share.

Perché succede?
In base a chi pubblica e diffonde i dati Auditel – e magari ha accordi privati di ‘amicizia’ e altre cose così – c’è chi sottolinea il dato di share e chi, invece, si focalizza sul pubblico, creando confusione sull’analisi dei dati. Ma sappiamo tutti che vale il numero di telespettatori e la loro permanenza sullo show.

Il prime time ormai si spalma per cinque ore, forse ci vorrebbe un accordo tra gli editori per finire in tempi più umani?
Ormai è un sequestro di persona! Bisogna guardare la prima serata con il catetere perché prima che arriva il primo blocco pubblicitario passa un bel po’ di tempo, così bisogna prendere pure gli energizzanti che ti tengono sveglio fino a tardi (ride; ndr). Per quel che mi riguarda, mi sono imposto sempre di finire sempre prima della mezzanotte.

“Name That Tune” ricorda un po’ Sarabanda
Mi sono messo dalla parte del pubblico di chi ha seguito ‘Sarabanda’ senza farne una brutta copia. Poi ho pensato a chi non ha mai seguito ‘Sarabanda’ e voleva scoprire qualcosa di nuovo. La forza di questo format, secondo me, è che è interattivo. Tutti da casa posso partecipare.

Il pubblico nelle altre trasmissioni non è più protagonista? È stato dimenticato?
Già e tengo anche a precisare che la mia non è televisione trash come dice Aldo Grasso, che ormai mi diverto a leggere perché divertente e nessuno oggi lo prende più come riferimento, ma questo lo sa anche lui. Grasso ormai fa come le vecchie zie che ti rimproverano. Il pubblico si deve divertire, deve scegliere e se capita su Tv8 in una serata complicata, devo fare in modo che rimangano sul programma. La cosa più difficile è far rilassare il telespettatore, allontanarlo dai problemi legati al Covid-19, alla politica e al bombardamento della cronaca nera. Io vorrei riuscire ad essere l’antidoto alla tristezza.

Hai due figli Rebecca che ha vent’anni e Iacopo che ne ha 12. Sono affascinati dalla tv?
Mia figlia non è interessata alla tv perché è una ragazza intelligente e ha vissuto la mia storia, i rischi, i sacrifici, la gavetta. Così ha deciso di fare altro. Mio figlio Iacopo invece è attratto dalla tv, ha anche il caratterino giusto per lavorarci, secondo me.

A chi vuoi dire grazie?
A mia mamma. Sono sincero e non lo dico perché se n’è andata un mese fa. A 18 anni ho deciso di fare questo lavoro, mio padre non ha reagito molto bene perché era tutto d’un pezzo, mia madre mi ha sempre appoggiato. Quando avevo 14 anni e recitavo a teatro, c’era sempre lei con me ad accompagnarmi. ‘Se vuoi fare questo lavoro, fallo però studia. Non si sa mai’, mi diceva. L’ho sempre ringraziata e l’ho fatto anche al suo funerale, sull’altare mi sono rivolto a lei e le ho detto ‘se io sono quello che sono, lo devo totalmente a te ed è la verità’.

Era critica verso il tuo lavoro?
Le cose me le diceva in faccia. Ogni sera alle 20:30 la chiamavo per fare il punto della situazione. Lei è stata presente in tutte le mie prive tv e teatrali. Era sempre tra il pubblico. Non ce l’ha fatta a vedere ‘Name That Tune’.

Nei motori di ricerca assieme al tuo nome viene fuori anche ‘la dieta di Enrico Papi’ con le ipotesi più strambe. Come hai perso tutti questi chili?
Semplicemente mettendomi a dieta, stando attento al numero di calorie concesse al giorno. Io facevo colazioni abbondanti e mangiavo pasta a pranzo e cena. Insomma il mio corpo aveva preso una forma indipendente! Così piano piano sono dimagrito. Oggi sto anche troppo attento.

Su Instagram spesso però mostri il tuo fisico, ti piaci insomma…
Lo faccio perché chiunque mi vede di persona dice che in tv sembro più grasso. Così uso Instagram per dimostrare che sono più magro (ride; ndr).

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