L’ex maggiore del Noe Gianpaolo Scafarto e il colonnello dell’Arma Alessandro Sessa rischiano ancora una volta il processo. La procura di Roma ha chiesto di rinviarli a giudizio nell’ambito di uno dei filoni del caso Consip: Scafarto è accusato di rivelazione del segreto, falso e depistaggio, mentre Sessa di depistaggio. I due, nell’ottobre dello scorso anno, erano stati prosciolti dalle accuse dal giudice Clementina Forleo, decisione poi impugnata dalla procura. Nel corso della requisitoria, il pm Mario Palazzi ha affermato che le “prove acquisite sono granitiche” e ha “ribadito l’esigenza e la necessità di un processo nei confronti dei due imputati per il quale è assolutamente necessario il vaglio dibattimentale“.

A processo per la stessa vicenda sono già finiti l’ex ministro e attuale deputato del Pd, Luca Lotti, l’ex consigliere economico di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, il generale Emanuele Saltalamacchia e Carlo Russo, l’imprenditore amico di Tiziano Renzi. Il nome più pesante è quello di Lotti: gli inquirenti romani lo accusano di favoreggiamento per aver rivelato l’inchiesta a Luigi Marroni, ex amministratore delegato dell’azienda che gestisce gli appalti pubblici. L’iscrizione nel registro degli indagati di Lotti – come rivelato da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano – risale al 21 dicembre del 2016, il giorno dopo l’audizione, davanti agli inquirenti di Napoli, dello stesso Marroni, che aveva ammesso di aver saputo dal ministro dell’indagine aperta dalla procura partenopea. Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli investigatori. Poi il 14 luglio del 2017 è stato interrogato dei pm, sostenendo la totale estraneità. La procura, però, quei fatti ha continuato a contestarglieli. Lo scorso 24 giugno l’ex ministro proprio al gup Forleo ha ribadito la sua versione: “Non sapevo dell’indagine. Non potevo riferire a Marroni ciò che non conoscevo”.

Per quanto riguarda Scafarto, per cui i pm sono tornati a chiedere il rinvio a giudizio, l’accusa è di aver svelato al vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, il contenuto delle dichiarazioni di Marroni e Ferrara agli inquirenti di Napoli e l’iscrizione nel registro degli indagati di Del Sette, un atto coperto da segreto. Al militare è stato contestato anche il falso relativo all’informativa in cui attribuiva la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” a Romeo. In realtà a pronunciare quella frase (senza che si riferisse a Tiziano Renzi) era stato l’ex parlamentare Italo Bocchino. Scafarto ha sempre ribadito di non aver “mai taroccato” alcuna informativa. Ma, stando all’accusa, nell’informativa aveva inserito anche il presunto coinvolgimento di “personaggi asseritamente appartenenti ai servizi segreti, ometteva scientemente informazioni ottenute a seguito delle indagini esperite”. Nell’informativa scrisse che aveva “il ragionevole sospetto di ricevere attenzioni da parte di qualche appartenente ai servizi”. Ma non solo. Sempre al militare, in concorso con il collega Alessandro Sessa, viene contestato il depistaggio per aver disinstallato Whatsapp dallo smartphone del colonnello e impedire quindi agli inquirenti di ricostruire le loro conversazioni.

Una ricostruzione che, al termine dell’udienza del 3 ottobre 2019, è stata contestata dal gup Clementina Forleo. A suo parere, da parte di Scafarto non ci fu ad esempio alcuna alterazione dell’informativa con l’obiettivo di arrivare a Tiziano Renzi. “Se Scafarto avesse comunque voluto ‘inchiodare’ Renzi – si legge nella sentenza – avrebbe sicuramente avuto gioco facile nella correzione dell’errore che era stato da altri compiuto e non avrebbe ripetutamente sollecitato tutti i suoi collaboratori a risentire le conversazioni, a chiedere di eventuali incontri tra Tiziano e Romeo e soprattutto a invitare tutti i predetti a una rilettura dell’informativa, evidentemente finalizzata a scongiurare errori”. Ora toccherà a un altro giudice l’ultima parola sull’eventuale rinvio a giudizio di Scafarto e Sessa.

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