di Donatello D’Andrea

Tredici. Non si tratta di un numero a caso digitato sulla tastiera. È il numero degli impresentabili che la Commissione antimafia è riuscita a scovare nelle liste dei candidati alle elezioni regionali. Ben nove provengono dalla Campania, tre dalla Puglia e uno dalla Valle d’Aosta.

Sono troppi. È un grande problema, soprattutto a livello morale e politico. Se la politica non fa una selezione all’ingresso, come possono farla gli elettori? Se lo Stato non predispone degli strumenti affinché dei lestofanti restino fuori dalla politica, come può farlo l’elettore?

Laddove nelle liste ci siano soggetti contigui o sospettati di qualsivoglia reato grave, come la collusione o la corruzione, è evidente che la politica non possa essere una scelta per loro sostenibile, per una questione morale, culturale e sociale.

Il nostro futuro non deve essere una proiezione del nostro passato. Sappiamo benissimo che tra le file della politica abbiamo avuto uomini al servizio delle mafie. Se non c’è questa etica nei partiti, è evidente che ci troveremo di fronte, ancora una volta, al pericolo che la politica possa essere inquinata dal pregiudizio, fondato, che sia tutto un magna magna, un crogiuolo di ladri disonesti venduti alla criminalità.

Se la politica non è in grado di trovare referenti onesti, soprattutto al Sud Italia, significa che l’onestà non rientra nei suoi canoni. Lo vediamo in Campania, dove ci sono 9 dei 13 impresentabili, i quali provengono proprio dalle due liste principali. Quella di De Luca e l’altra di Caldoro.

Con tutta la simpatia che le battute di De Luca possono ispirare, la realtà politica è ben diversa dalla goliardia. Più volte al centro di bisbigli giudiziari, l’attuale Presidente è uno dei dinosauri incriminati dalla narrazione secondo cui la politica abbia referenti in ambienti poco ortodossi di cui lui è il rappresentante. Stesso discorso per Caldoro, con l’aggravante che il centrodestra ha coscienza del fatto che lui sia inviso ai campani. Ma i partiti “non sanno chi candidare”, ritenendo lui l’unico nome spendibile.

Potrebbe dirsi lo stesso per Raffaele Fitto, dato che in Puglia la politica di centrodestra è lui, non esistono altri nomi perché tutto dipende da lui.

Gli impresentabili sono, di solito, quelli che portano voti. E i partiti sperano che la Commissione – parlamentare, ricordiamolo, e quindi soggetta ad interessi particolaristici – non ne scovi troppi. Poi, se un partito vuole candidarli comunque può farlo. Tanto la lista degli impresentabili è un codice etico e non ha nessun valore giuridico. Anche questo è un problema della politica. Mancano nomi, referenti onesti, persone che facciano l’interesse del popolo e non quello della criminalità. Manca una politica capace di anteporre il bene comune al voto, manca una politica etica che prenda eticamente alla lettera quella lista.

Insomma, manca un po’ tutto ma gli elettori sono costretti a votare sempre gli stessi.

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