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Matteo Salvini e il bacio a Venezia: perché avrebbe dovuto ispirarsi a “Ghost”

DIVERTISSEMENT DEL LUNEDì - Più che un apostrofo rosa tra le parole t'amo, il bacio di Matteo Salvini alla fidanzata è una trave di cemento armato tra le parole "figura" e "delpescelesso". Lui, occhi chiusi e con tutta probabilità "mezzo metro di lingua", dà tutto nella performance

di Claudia Rossi

L’analisi del bacio. Frivolezza, gossip distillato. La politica (qui, in questo ‘divertissement’) è lontana. Il bacio tra Matteo Salvini e la fidanzata Francesca Verdini a Venezia, durante la Mostra del Cinema, ha fatto il giro di giornali e social. Qualcuno l’ha definito “hollywoodiano”. Ebbene, quell’abbozzo di pomiciata di cinematografico non ha niente. I baci vanno saputi calibrare, occorre differenziarli per luogo e tempo. Non c’è passione che non sia gestibile né contatto fisico che trascenda il contesto con la sua ‘potenza di fuoco’. Allora un bacio a Venezia dev’essere appena accennato, un tocco leggero delle labbra, uno sfiorarsi appena.

Più che un apostrofo rosa tra le parole t’amo, il bacio di Matteo Salvini alla fidanzata è uno sfondone grammaticale tra le parole “figura” e “delpescelesso”. Lui, occhi chiusi e con tutta probabilità “una puntina di lingua”, dà tutto nella performance. Lei, a giudicare dalla mandibola e dalla mimica del volto, sta sorridendo (si spera, perché se sta per scoppiare a ridere, “Capitano” abbiamo un problema). “Sono qui per lei“, ha detto il leader della Lega. Ecco, anche un po’ meno.

Si sa che da un punto di vista fisiologico e neuroendocrino, lo scambio che avviene tra due bocche che si baciano (appassionatamente) attiva la produzione di ormoni sessuali, per esempio il testosterone nell’uomo che lo ‘passa’ alla partner, predisponendo “la scena” alla reciproca attivazione sessuale. E non è tutto: abbiamo a che fare anche con bancali di feromoni, sostanze volatili che vengono captate dai recettori del nervo olfattivo e da lì si arriva direttamente al sistema dopaminergico, la nostra centralina del piacere. Ma questo processo si può “ammaestrare”, altrimenti, in un vidiri e svidiri, ogni bacetto dato in strada diventerebbe un congresso carnale e lo sappiamo bene, altroché se lo sappiamo, “fatti non foste…“.

Per frequentare tappeti rossi e mezzi d’acqua in un contesto che vuole essere elegante come la Mostra del Cinema (oggi, come ormai da diverse edizioni, presa d’assalto da influencer e illustrissimi signori e signore ‘ma chi‘) ci vuole classe. Stile. Ci vorrebbe, insomma. E un bacio pubblico è una questione di stile. Più che a Rick Blaine e Ilsa Lund Laszlo in Casablanca o a Holly Golightly e Paul Varjak in Colazione da Tiffany, Salvini avrebbe dovuto ispirarsi a Ghost: “farsi fantasma” (nel momento del bacio, s’intende) e sfiorare delicatamente le labbra di Francesca. Provaci ancora, Matteo.

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