Google, Apple e Dropbox nel mirino dell’antitrust italiana, che contesta presunte pratiche commerciali scorrette e/o violazioni della Direttiva sui diritti dei consumatori oltre all’inserimento di clausole vessatorie nelle condizioni contrattuali. Il tutto nella fornitura di servizi di cloud computing. Google viene chiamata in causa per il servizio Google Drive, Apple per il servizio iCloud.

Le istruttorie per pratiche scorrette nei confronti di Google e Apple, si legge in una nota dell’autorità, riguardano la mancata o inadeguata indicazione, in sede di presentazione del servizio, dell’attività di raccolta e utilizzo a fini commerciali dei dati forniti dall’utente e il possibile indebito condizionamento nei confronti dei consumatori, che, per utilizzare il servizio di cloud storage, non sarebbero in condizione di esprimere all’operatore il consenso alla raccolta e all’utilizzo a fini commerciali delle informazioni che li riguardano.

Le stesse contestazioni vengono mosse anche a Dropbox, cui si imputa – in aggiunta – di aver omesso di fornire in maniera chiara e immediatamente accessibile le informazioni sulle condizioni, sui termini e sulle procedure per recedere dal contratto e per esercitare il diritto di ripensamento. Inoltre, di non consentire all’utente l’agevole ricorso a meccanismi extra-giudiziali di conciliazione delle controversie, cui il professionista sia soggetto, con le indicazioni necessarie per accedervi.

I procedimenti per clausole vessatorie riguardano, invece, alcune condizioni contrattuali predisposte nei relativi modelli delle predette società quali: l’ampia facoltà – da parte dell’operatore – di sospendere e interrompere il servizio; l‘esonero di responsabilità anche in caso di perdita dei documenti conservati sullo spazio cloud dell’utente; la possibilità di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali; la prevalenza della versione in inglese del testo del contratto rispetto a quella in italiano.

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