Si parla e si scrive molto di una alleanza permanente Pd-Cinque stelle. Si tratta di due forze politiche profondamente diverse come moralità, formazione, strutture e, soprattutto, contenuti. A questo proposito, tuttavia, vale la pena di sottolineare che entrambe indicano, tra gli obiettivi fondamentali, quello di uno “sviluppo sostenibile”, rispettoso della tutela dell’uomo e dell’ambiente, cui viene associato, spesso, un richiamo alla “economia circolare”, che dovrebbe risolvere alla radice il problema dei rifiuti.

Purtroppo, ci si ferma qui. Perché manca, poi, qualsiasi indicazione di scelte concrete, anche se solo di tendenza, atte a raggiungere realmente questi obiettivi. Anzi, si parla contemporaneamente di favorire al più presto la “crescita” intesa, ovviamente, in senso puramente quantitativo, dimenticando che le risorse naturali sono già al limite dell’esaurimento.

Come giustamente ci ricorda la Enciclica Laudato si, non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso.

D’altra parte, molte volte la qualità reale della vita delle persone diminuisce – per il deteriorarsi dell’ambiente, la bassa qualità dei prodotti alimentari o l’esaurimento di alcune risorse – nel contesto di una crescita dell’economia. In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine.

Ma, se con queste premesse andiamo a vedere le scelte politiche del Pd di questi ultimi anni, appare evidente che siamo addirittura ben al di sotto anche di questo contesto già insufficiente. Con un picco vergognoso in epoca renziana. E’ stato il Pd a volere, ad esempio, nel 2014, l’addolcimento delle sanzioni (del D. Lgs 152/06) connesse a violazioni commesse dalle attività più inquinanti, cioè quelle soggette ad Aia (Autorizzazione Integrata ambientale); aggiungendo che si possono prevedere, per scarichi in mare, “valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione”.

E come dimenticare la vergogna della legge “Sbloccaitalia” che ha dato il via libera a trivellazioni con la distruttiva tecnica dell’air gun e alla cementificazione del territorio, programmando di riempire il paese di inceneritori (chiamati termovalorizzatori) definiti come “insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”, e, come tali, sottratti al normale iter autorizzativo? Per non parlare dell’altra vergogna sull’Ilva di Taranto con un assurdo scudo penale per gli amministratori-inquinatori. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Ben diverso è stato il comportamento dei Cinque stelle che, nel complesso (ma con numerosi distinguo) sono nati come movimento sensibile ai temi dell’ambiente ma, dopo essere andati al governo, pare che se ne siano dimenticati, accettando spesso compromessi indifendibili, come è avvenuto, ad esempio, nella legalizzazione dell’uso, in agricoltura, di fanghi di depurazione con sostanze tossiche.

Particolarmente emblematico, a questo proposito, è quanto avvenuto in epoca Covid quando, con la scusa della pandemia, Pd e Cinque stelle, con l’avallo del Ministero dell’ambiente, hanno votato un emendamento che ha direttamente modificato la legge ambientale esistente per aumentare in via definitiva, – cioè per sempre, a prescindere dalla Covid-, i limiti quantitativi e temporali fissati per il deposito temporaneo di rifiuti; il deposito cioè dei rifiuti presso il luogo di produzione per il tempo strettamente necessario all’avvio a smaltimento o recupero.

Per cui, oggi, un’azienda può tenere in deposito fino a 60 metri cubi di rifiuti, di cui 20 pericolosi, senza autorizzazione, senza darne conto a nessuno e, praticamente, senza controlli (anche e soprattutto sulle quantità), addirittura per un anno e mezzo. Senza rischiare niente se poi, in questi 18 mesi, i rifiuti scompaiono e, magari, finiscono illecitamente in qualche capannone, in qualche discarica abusiva, nella terra dei fuochi, in terreni destinati all’agricoltura o in qualche rogo. Chiaro esempio di economia circolare “all’italiana”.

E allora, se vogliamo tornare alla questione base dell’alleanza Pd- Cinque stelle, a me sembra che il dibattito dovrebbe finalmente orientarsi su scelte e temi concreti, lasciando da parte slogan più o meno suggestivi e andando al nocciolo del problema e cioè al tipo di sviluppo che si vuole programmare, dicendo con chiarezza e con precisione quali attività economiche, culturali e produttive vanno incentivate, con la consapevolezza che, con buona pace di Mario Draghi, uno sviluppo vero del nostro paese non coincide affatto, anzi è incompatibile con una crescita solo quantitativa che, in ogni caso, è arrivata al limite. E che Covid-19 non è un incidente ma il risultato prevedibile del tipo di sviluppo distruttivo oggi dominante.

Ecco, è proprio su questo che vorrei essere rassicurato. Vorrei sapere, insomma, se una alleanza Pd-Cinque stelle ci propone uno sviluppo “umano” dove compare anche il termine “felicità” oppure se vuole continuare, al di là degli slogan e delle chiacchiere “sostenibili”, in questo tipo di sviluppo distorto che, soprattutto nel dopo Covid, può solo aumentare diseguaglianze, disastri, violenza ed infelicità.

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