In attesa del prossimo webinar della Rete internazionale Antipanic, per la promozione della cooperazione internazionale contro la pandemia Covid-19, che avrà luogo l’11 e 12 settembre prossimi a cura dell’Università brasiliana del Maranhao, con la partecipazione di studiosi da vari Paesi, sto leggendo un’interessante raccolta di saggi di Slavoj Zizek, intitolata Virus.

Uno di questi articoli ha per tema il comunismo come soluzione ai problemi della pandemia come pure ad altre catastrofi dell’età contemporanea, come ad esempio il cambiamento climatico. Si tratta ovviamente di un comunismo di tipo nuovo rispetto a quelli esistenti, basato sulla promozione del bene comune a partire dalla difesa dell’essenziale valore della salute come precondizione essenziale di ogni diritto umano.

La Cina popolare è oggi all’avanguardia nella promozione della cooperazione internazionale contro il Covid-19, che si esprime attraverso il necessario sostegno alle iniziative dell’Oms e varie misure a beneficio degli Stati più poveri e svantaggiati, come il condono del debito. Più in generale ho sempre respinto le “teorie” di improvvisati teorici un po’ zuzzurelloni che sostengono che in Cina vi sia un capitalismo selvaggio e incontrollato.

Eppure alcuni aspetti del socialismo cinese vanno oggi rivisti e Zizek cita al riguardo l’eccessiva prudenza che ha accompagnato le fasi iniziali di diffusione del virus, facilitata dal monopolio statale della comunicazione e un’eccessiva enfasi sul ripristino della produttività. Tutti temi di riflessione per le autorità cinesi unitamente ai problemi delle autonomie (Hong Kong, Tibet, Sinkiang).

Tornando a Zizek, mi pare evidente come l’attuale situazione del pianeta imponga un salto di qualità nella collaborazione tra i governi, che deve diventare organica e strutturale. Pensiamo solo al tema del vaccino, su cui si sta svolgendo una sorta di gara a chi arriva più prima che implica in realtà sprechi, complicazioni e ritardi. Lo stesso discorso vale per altri problemi globali che oggi ci assillano, come il riscaldamento globale, sul quale abbiamo già superato il punto di non ritorno.

Anche da questo punto di vista va ripresa e valorizzata la nuova dottrina cinese del futuro condiviso dell’umanità, che sta trovando applicazione specifica anche in ambito di lotta al Covid. L’azione internazionale degli Stati e l’avvio di una nuova fase di cooperazione tra di essi appare d’altronde legata a una profonda trasformazione del loro modo di essere e al definitivo superamento del catastrofico neoliberismo.

Va appoggiata da questo punto di vista la proposta di James Kenneth Galbraith, noto economista staunitense, il quale in una recente intervista all’Espresso ha giustamente sostenuto la necessità che lo Stato divenga datore di lavoro diretto o di ultima istanza in tutta una serie di settori strategici per la stessa sopravvivenza dell’umanità. Un’indicazione valida anche per il nostro Paese, laddove l’azione del governo Conte, pure si sta caratterizzando per un’eccessiva subalternità alle consuete istanze dei prenditori, che vorrebbero finanziamenti a pioggia per le imprese, accaparrandosi anche gli ingenti finanziamenti stanziati dall’Unione europea.

E subalterna anche sul piano della sua deplorevole accondiscendenza allo sfruttamento e agli attacchi della salute dei lavoratori (si veda l’impennata degli incidenti sul lavoro, la diffusione del contagio nelle fabbriche come l’Aia e nel settore turistico sardo e il fallimento della regolarizzazione dei migranti in agricoltura e altri settori).

Vanno invece privilegiati investimenti pubblici volti al risanamento del Paese nei settori strategici: salute (compresa la sicurezza sul lavoro), istruzione, ricerca, ambiente, giustizia. E’ davvero folle pensare di continuare come prima, pur essendo pienamente consapevoli (ed ogni essere dotato di media intelligenza dovrebbe esserlo) che è stato proprio un certo tipo di “sviluppo” a portare alle enormi problematiche che stiamo vivendo attualmente, a partire dal Covid.

Per l’umanità ci vuole quindi un nuovo inizio e le posizioni espresse da Zizek costituiscono un utile stimolo in questo senso per tutti. Anche e soprattutto per i governi. Il nostro è chiamato a mettere definitivamente in cantina il neoliberismo e a superare posizionamenti di politica internazionale ormai del tutto obsoleti: la Nato andrebbe chiusa al più presto e occorrerebbe ispirare l’azione sul piano della politica estera alla nuova situazione multipolare che si sta determinando sulla scena internazionale coll’irreparabile declino statunitense e l’ascesa innegabile della Cina popolare, colla quale occorre avviare, da parte italiana e da parte europea, un dialogo ampio e costruttivo su tutti i temi rilevanti per il futuro dell’umanità.

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