Sono una persona lenta, desueta, mi impallo facilmente e brancolo nella luce. Ho avuto i miei momenti di gloria quando bastava cliccare sui miei capezzoli e l’organo riproduttivo rispondeva subito, ergendosi contro un cielo fatto di mutande, pronto a esplorare l’universo femminile, ben più profondo di quello della Rete. Bei tempi, bei momenti, e tutto questo andrà perduto come browser nella pioggia algoritmica.

Internet Explorer sta morendo, ci sta lasciando, si sta ritirando dignitosamente come fanno i cani quando sentono avvicinarsi l’addio, sta andando a spegnersi in un web cantuccio. Chi ha visto il film Un mercoledì da leoni sa di che cosa sto parlando: le vecchie glorie del surf vengono sostituite dalle giovani leve. Nulla di nuovo sotto il sole, è sempre stato così e sarà sempre così, se non sei più efficiente vieni messo da parte e vieni anche deriso, preso in giro, questo è un mondo che ha reso la parola “vecchio” una parolaccia.

Un giorno una cara vecchietta mi disse. “Non deridermi Riccardo, anche io sto vivendo per la prima volta, sono solo nata prima”. La vita è un processo costante di perdita: si perdono i denti, i capelli, i ricordi, gli amici, i genitori, gli appuntamenti, le speranze, e soprattutto il tempo. Vivere è perdere tempo e chi non sa perdere tempo non sa vivere. Non illudiamoci, non siamo noi ad ammazzare il tempo, è esattamente il contrario: è il tempo che ci uccide.

La saggezza oggi mi sembra questa: recuperare l’inefficienza, il culto della lentezza, tornare a navigare a vista, costeggiare l’ignoto, farsi attraversare dal magma misterioso dell’Essere. Li vedete anche voi? Sono tutti in fuga, stanno tutti scappando, non hanno tempo. In sostanza: sono tutti morti. Solo i morti non hanno tempo da perdere. Ribadiamolo: vivere è perdere tempo.

Ecco perché oggi siamo in lutto per Internet Explorer, per questo browser diventato vecchio, impacciato, per questa immensa scocciatura che ci fa “perdere tempo”, ma è proprio questa la vita: un’immensa e meravigliosa scocciatura. Impalliamoci, rallentiamoci, torniamo a gustarci le attese, è proprio nelle sale d’attesa che la vita si rivela nella sua ineffabile nudità.

Come dice l’ingegnere Alberto Ricci: “La vita non è movimento continuo, è attività continua, ma nell’attività ci può essere anche l’attesa”. Chi non sa più attendere non sa più gustarsi la vita. Sapete che cos’è l’esprit d’escalier? Quante volte vi sarà capitato di non avere la risposta pronta, sul momento soccombete, non sapete ribattere, poi quando fate le scale, quando ormai siete fuori, ecco che il vostro spirito vi regala una gioia tardiva ma ormai inutile: vi regala la risposta che avrebbe azzittito per sempre il vostro interlocutore, ma siete soli con voi stessi, vincitori in contumacia, una gloria fantasma.

Bene, io sono campione del mondo di esprit d’escalier, è solo in fondo alle scale che vinco le mie battaglie. Però mentre scendo le scale il mio cervello lavora, si ribella, si prende la rivincita, scalino dopo scalino, e quando arrivo all’uscita sono un guerriero invincibile che non ha vinto mai niente, ma c’è ad attendermi Internet Explorer e insieme torniamo a casa, sconfitti, lenti, desueti ma vivi proprio perché abbiamo perso tempo, perché non ci siamo arresi alla brutale efficienza del Vacuo.

Articolo Precedente

Coronavirus, quelli che ora vogliono strusciarsi in discoteca scordano pure i camion di Bergamo

next
Articolo Successivo

A Viviana e Gioele dobbiamo rispetto. A Daniele Mondello e ai famigliari aiuto e riservatezza

next