Il bonus di 600 euro richiesto da 5 parlamentari e forse ottenuto da 3 è una vicenda che preoccupa per chi si pone a difesa delle istituzioni democratiche e, al di là della vulgata costruita dal pensiero massmediatico dominante, il M5s è nato anche per questo. La scelta di candidare nelle istituzioni esponenti di un movimento sociale che mobilitava masse ed azioni di cambiamento con gli strumenti della cittadinanza attiva fuori dalle istituzioni è anche stata una scelta di amore verso gli enti locali, le istituzioni regionali e poi il Parlamento.

Oggi la stessa fiducia che i cittadini hanno nei confronti del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (65% dalle rilevazioni di fine luglio e 61% di fiducia per il governo) racconta la storia di una nuova classe politica scelta e sostenuta dal M5s che ha ricostruito in pochi anni un rapporto tra istituzioni e cittadini che era ai minimi storici.

Abbiamo iniziato rinunciando ai finanziamenti pubblici ai partiti ad ogni elezione regionale e nazionale, abbiamo proseguito riducendoci lo stipendio fino a restituire allo Stato 112 milioni di euro; si sono cancellati i “fitti d’oro” della Camera dei Deputati, approvate le delibere contro i vitalizi, prodotti risparmi alla Camera dei Deputati che di volta in volta sono stati donati alle emergenze del Paese dal terremoto all’emergenza Covid. Il Presidente della Camera Roberto Fico ha avviato una stagione di trasparenza e desecretazione di atti sui tanti misteri del nostro Paese che nei precedenti decenni hanno allungato ombre sul sistema Paese.

E’ in questa rinnovata relazione di fiducia tra cittadini e istituzioni che diventa uno schiaffo, la notizia di 5 parlamentari che chiedono un sussidio di 600 euro pensati per i lavoratori precari atipici del nostro Paese, quelli che non hanno robuste protezioni sociali; uno schiaffo di una ridicola minoranza (0,5% dei parlamentari) nei confronti del profuso impegno costante per riconquistare l’onorabilità delle istituzioni da parte di tutti gli altri parlamentari.

Se c’è una istituzione capace di ribaltare gli equilibri di potere che ancora oggi schiacciano i deboli alla base di una scala sociale che molti vorrebbero immutabile, se c’è una istituzione capace di spezzare le catene e contrastare la forza soverchiante di malsani e dominanti poteri economici del nostro paese, questa istituzione è la politica con le sue più alte rappresentazioni democratiche di cui il Parlamento è espressione.

Per questo ogni parlamentare ha il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti utili a salvaguardare l’onorabilità dell’istituzione democratica che sta difendendo, accertando con trasparenza nei confronti del popolo italiano di servire con disciplina ed onore il suo Paese dimostrando di non aver usufruito di indennità Covid pensate per chi ha subito la crisi economica più grave dal dopoguerra a causa di una pandemia mondiale.

E’ per questo che risponderò senza indugio alla richiesta di trasparenza di Vito Crimi come dovrebbero fare tutti i parlamentari, consapevole che non si tratta in questo caso di rinuncia alla privacy, né di violare le libertà fondamentali dell’individuo che sono difese dalla Costituzione e che appartengono alla intima sfera personale, bensì di continuare il faticoso lavoro iniziato da anni per riportare lustro alla nobile arte di una politica al servizio dei cittadini e dei più deboli.

E’ per lo stesso motivo che va rigettato con forza qualsiasi azione strumentale di gogna mediatica e di odio verso le istituzioni che miri ad indebolire l’azione e l’impegno nobile di parlamentari e di tutti i cittadini che vivono con passione e onestà l’impegno al servizio del bene comune, ricordando che rappresentare direttamente i cittadini e impegnarsi in politica in molti casi resta tra i più importanti strumenti che ci restano per modellare la società che vogliamo e domare gli appetiti economici e i vizi di squali ben più grossi della politica e con portafogli clamorosamente più gonfi.

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In Veneto anche due consiglieri della Lega e il vice di Zaia hanno chiesto il bonus 600 euro. In Piemonte il primo caso nel Pd

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Ubaldo Bocci, il manager e consigliere a Firenze in quota Lega che ha preso il bonus per “dimostrare che è sbagliato”

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