di Elena Mascia

Immaginate di amare, di un amore profondo, quasi innato. Di conoscere a memoria i contorni, le sfumature, le qualità e i difetti di chi muove questo sentimento. Immaginate di dovervene distaccare, ma di continuare a sentirne comunque e ovunque i profumi e gli odori. E poi, visitate la Sardegna, quella autentica, che vi mostra il suo lato “così com’è” e non come gli altri vorrebbero che fosse. Sarete percorsi da emozioni ancestrali, sarete ricondotti a un antico vivere che sa di verità.

E adesso, pensate di vederla disillusa, depredata, agghindata a festa di gioielli che lei non vuole, perché abituata a portare in seno i doni della natura non replicabili. Pensate di dover assistere a tutto questo, inermi, pieni di rabbia e di incredulità per come si possa pensare che un resort a 4 stelle costruito senza il rispetto delle distanze, possa essere uno spettacolo superiore a un affaccio sul mare suggestivo e vivido, tra cisto e ginestre.

La chiamano la “legge del cemento”, è la legge (21/2020) approvata di recente dalla maggioranza capeggiata dal governatore leghista della Regione Sardegna, Christian Solinas: 31 voti favorevoli, 20 contrari, 1 astenuto. Un testo atteso da chi, per anni, ha mal celato la bramosia di “mettere mano” alla Legge Salva coste dell’allora governatore, Renato Soru.

In questi anni l’associazione Gruppo di Intervento Giuridico onlus ha sempre messo in guardia sul rischio che la volontà di alcuni diventasse realtà, e nella seconda settimana di luglio ha “inoltrato una documentata segnalazione al governo perché effettui ricorso alla Corte costituzionale avverso la legge regionale 9 luglio 2020 con cui, a maggioranza, il Consiglio regionale ha formulato un’illegittima interpretazione autentica che consentirebbe la riscrittura del piano paesaggistico regionale (Ppr) nelle sue parti fondamentali (fascia costiera, zone agricole, beni identitari)”.

Il Grig ha inoltre lanciato una petizione per la salvaguardia delle coste sarde, raggiungendo ad oggi 34781 firme. La richiesta è quella di mantenere “l’assoluta inedificabilità della fascia costiera della Sardegna” (con riferimento alla fascia dei 300 mt) e “un’attenta vigilanza sul mantenimento della disciplina di salvaguardia dei litorali” (presente nel Ppr) rivolgendosi al Ministro per i Beni e le Attività culturali e il Turismo.

Con il decadimento dei vincoli su agro, fascia costiera e beni identitari (aree archeologiche e monumenti), quello che è stato definito un vero e proprio “assalto” all’isola, rischia di essere tradotto in azioni concrete. Azioni libere di accogliere sfregi, azioni libere di lasciare che le ruspe ridisegnino il volto di luoghi come Calagiunco, Costa Turchese, Capo Malfatano e ancora la Necropoli di Tuvixeddu.

Come nel peggior incubo, addormentarsi tra le braccia della propria terra e risvegliarsi per non riconoscerla più. E’ il momento di difendere la Sardegna, è il momento di ricordare che nel nome del “lavoro” non ci si vende anche la madre, è il momento della dignità per il popolo sardo, è il momento di restituirle ciò che per anni la Sardegna ci ha donato: il coraggio dell’essere se stessi.

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