“Ci sono molte criticità: tassare gli autonomi ogni mese sulla base di quanto incassano non risolve il problema del conguaglio a fine anno che nasce con il meccanismo attuale del saldo e acconto e per di più presuppone ipotesi fantascientifiche sui dati a disposizione dell’amministrazione fiscale”. Dario Stevanato, ordinario di diritto tributario all’Università di Trieste, è più che scettico sulla proposta del direttore delle Entrate Ernesto Ruffini per una riforma della fiscalità per i lavoratori autonomi: “Non si capisce come possa funzionare”. Eppure, in attesa di chiarimenti sui dettagli, vale la pena cercare di immaginarlo, visto che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in audizione alle commissioni Bilancio ha sposato l’idea. Dicendo che il governo intende “superare il meccanismo del saldo e acconto” dei versamenti e andare verso un sistema caratterizzato da “certezza del tempo degli adempimenti e diluizione nel corso dell’anno degli importi da versare, basato su quanto effettivamente incassato”.

Il direttore delle Entrate ha spiegato che l’idea è di eliminare il meccanismo degli acconti e in questo modo ridurre “lo stress e l’ansia” di autonomi e partite Iva per le scadenze fiscali.
Il meccanismo non è chiaro. Si parla di “cash flow tax” e questo fa pensare a un cambiamento delle regole di determinazione del reddito di impresa che oggi vanno secondo il principio di competenza, cioè in base alla maturazione dei componenti economici, per passare a un regime di cassa. Ma non penso volesse dire questo perché lo riferisce anche ai lavoratori autonomi, che già oggi hanno il regime di cassa: cioè sono tassati sulla base della differenza tra spese e incassi effettivi.

In pratica, quale sarebbe la strada per evitare il sorgere di crediti di imposta di cui l’autonomo deve poi attendere il rimborso?
Sembra che Ruffini immagini un avvicinamento rispetto alla posizione dei dipendenti, che sono tassati per ritenuta mese per mese dal datore di lavoro in base al reddito annuo erogato. L’imprenditore o l’autonomo sarebbero tassati non sul calcolo del reddito su base annuale ma mensilmente sulla base di incassi e spese effettive. Ma ci sono diversi problemi. Innanzitutto l’imposta sul reddito è un‘imposta di periodo e il reddito annuo lo so solo alla mezzanotte del 31 dicembre. Potrei avere molti ricavi di qui a novembre ma a dicembre registrare una perdita che mi fa andare sotto. A quel punto vado a rimborso? In questo caso il nodo dei rimborsi e dei relativi problemi di liquidità non viene affatto eliminato.

E come si determinerebbe l’aliquota da applicare al reddito mensile?
Non è chiaro come si faccia a saperla in anticipo mese per mese, visto che questi contribuenti per ottenere il reddito tassabile devono prima calcolare le spese effettive che vanno detratte dai ricavi. Forse potrebbero essere degli acconti, ma allora verrebbe meno anche l’obiettivo di eliminare gli acconti con successivi rimborsi…

Per rendere operativa la riforma si parla poi di “implementazione del sistema informatico completando la fatturazione elettronica con l’evidenza telematica dell’incasso e delle spese effettive sostenute”.
Ad oggi è fantascienza. Significherebbe che l’amministrazione finanziaria conosce in tempo reale le situazioni di incassi e pagamenti di tutti i contribuenti. Una specie di monitoraggio continuo sulle entrate e uscite dai conti degli italiani, non selettivo in base a eventuali indizi di evasione ma per tutti. E non limitato a chi ha il registratore di cassa telematico visto che riguarderebbe anche i professionisti che non ce l’hanno. Si tratterebbe di conoscere in tempo reale milioni e milioni di movimentazioni sui conti correnti.

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