Un manipolo di avvocati liberali (Rocco Mauro Todero, Vincenzo Palumbo, Andrea Pruiti Ciarello), con un moto eroico in un Paese di ignavi, ha dato una sonora sconfitta (Tar Lazio, Sez. Prima Quater, sentenza 22.7.2020 n. 8615) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Dipartimento per la Protezione Civile, che hanno denegato l’accesso agli atti e nella specie “di accesso civico generalizzato, proposta ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.Lgs n. 33/2013, finalizzata all’ostensione di n. 5 verbali del Comitato Tecnico Scientifico nominato ai sensi dell’art. 2 dell’O.C.D.P.C. n. 360/2020”. Accesso finalizzato a scoprire gli altarini dell’emergenza.

In breve si è chiesto di tirare fuori dalle oscure segrete la documentazione (atti endoprocedimentali prodromici all’emanazione dei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) che abbia reso possibile l’emergenza Covid-19 assunta a suon di Dpcm (1.3.20, 8.3.20, 1.4.20, 9.4.20) e che tanto ha indignato i maggiori costituzionalisti (in primis anche molti presidenti emeriti della Consulta, Silvestri, Cassese, Baldassarre, Mirabelli, Celotto).

Infatti Presidenza del Consiglio dei Ministri e Dipartimento per la Protezione Civile hanno risposto picche a tale doverosa richiesta di trasparenza (e ricordiamo che il fondamentale principio di trasparenza è uno dei cardini della Pubblica Amministrazione, poiché consente ai consociati di verificare la condotta della stessa, e difatti viene sistematicamente violato e stressato) asserendo che i verbali 28.2, 1.3, 7.3, 30.3, 9.4.2020 sarebbero, anche, atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione non ostensibili.

Il Collegio dei giudici amministrativi, composto da tre donne caparbie (Mariangela Caminiti, Presidente Ff; Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere ed Estensore; Lucia Gizzi, Consigliere) e soprattutto veramente autonome (come dovrebbe essere ogni magistrato) ha invece evidenziato come l’accesso debba essere pienamente consentito a tali Dpcm e quindi a maggior ragione ai presupposti pareri adottati dal Comitato tecnico scientifico nominato ex dl 8.4.2020, non potendo “innanzitutto attribuirsi la qualificazione di atti normativi, tale da sottrarli all’accesso ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990 e dell’art. 1, comma 1 del dpcm n. 143/2011 (…) in quanto privi del requisito dell’astrattezza e della capacità di innovare l’ordinamento giuridico. Né può ritenersi, comunque, che si tratti di atti amministrativi generali – con i quali hanno in comune unicamente la caratteristica della generalità dei destinatari- del pari sottratti alla disciplina dell’accesso”.

In particolare “che l’Amministrazione ha opposto all’ostensione dei richiamati verbali solo motivi ‘formali’ attinenti alla qualificazione degli stessi come ‘atti amministrativi generali’, ma non ha opposto ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici o privati (…) tali da poter ritenere recessivo l’interesse alla trasparenza rispetto a quello della riservatezza”. Il Tar Lazio ha dunque ordinato l’esibizione dei verbali.

Una sconfitta pesantissima per vari motivi: il primo è di civiltà giuridica, con lo Stato che nel suo massimo scranno ha opposto opacità ad una legittima, e direi doverosa, richiesta di trasparenza in un contesto storico eccezionale, che ha fortemente compresso diritti fondamentali delle persone (libertà di spostamento, diritto alla giustizia, libertà di culto etc.) ed altri di rilievo costituzionale. Dunque un comportamento aberrante, contrario prima ancora che ai principi di diritto, anche al buon senso. Che cosa c’è da nascondere?

Il secondo è ovviamente anche di natura politica, da un lato perché in tal modo si nasconde la verità anche all’opposizione e a qualunque parlamentare che voglia approfondire tale contesto, dall’altro perché tende a confermare quella che per me è la deriva chavista di uno Stato che vuole nazionalizzare settori economici fondamentali (Ilva, Alitalia, Autostrade etc.), facendosi beffe del libero mercato e con pesanti costi che graveranno sulla collettività (attraverso pure Cdp e dunque del risparmio postale), con un atteggiamento moralizzante secondo il quale è solo Stato che deve pensare al benessere delle persone. Una prospettiva inquietante, fortemente illiberale, che merita una straordinaria attenzione.

Ora presumo che quasi certamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri si appellerà al Consiglio di Stato (non facendo una bella figura, mi sia consentito) e qua si aprirà un’altra partita fondamentale che merita altrettanta attenzione: sapranno i giudici di Palazzo Spada dare dimostrazione di autonomia dal potere politico (che spesso amano servire come Consiglieri giuridici)? Infatti la sentenza, estesa e dunque scritta dalla brava e tenace Ines Pisano, è tale da resistere a qualsiasi scossone giuridico. Appunto, giuridico.

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