Cinema

Bellocchio “sostituisce” Spielberg, ecco perché sarà il regista de Il Traditore a girare il film sul caso di Edgardo Mortara

Il regista statunitense ha lavorato cinque anni per girare la storia del bambino ebreo strappato alla famiglia nel 1858 e convertito a forza al cattolicesimo dal Papa, ma ha abbandonato il progetto perché non avrebbe trovato il protagonista giusti

di Davide Turrini

Marco Bellocchio girerà il film che doveva girare Steven Spielberg. Il regista piacentino, 81 anni, fresco David di Donatello per la regia de Il Traditore, lo ha annunciato in un’intervista a Repubblica. E nel farlo ha rivelato due notizie, una diretta e una indiretta: la prima è che girerà un film sul caso di Edgardo Mortara, il bambino ebreo strappato alla famiglia nel 1858 e convertito a forza al cattolicesimo dal Papa; la seconda è che il regista statunitense ha abbandonato definitivamente il progetto a cui ha dedicato parecchie energie nel corso degli ultimi cinque anni, spingendosi più volte in Italia soprattutto per il casting e le location. Ed è proprio sulla questione casting, come rivela Bellocchio, che Spielberg ha chiuso il capitolo “Il rapimento di Edgardo Mortara”.

“Ho saputo che Spielberg aveva già questo progetto ed era venuto in Italia per i sopralluoghi visitando la scuola dei catecumeni a Bologna, certo la sua sarebbe stata una versione inglesizzata della storia – ha spiegato Bellocchio, da parecchio tempo anche presidente della Cineteca di Bologna – L’anno scorso, ero negli Stati Uniti con Pierfrancesco Favino e ho scoperto che Spielberg aveva rinunciato al progetto non trovando l’attore ragazzino”. E proprio rifacendosi al progetto spielberghiano che l’autore de I pugni in tasca, diventato nel tempo regista di progetti ampiamente commerciali rispetto all’autorialità spinta degli esordi e alla direzione ulteriormente atipica assunta negli anni ottanta, rivela dettagli della sua versione del caso Mortara. Da un lato appunto, Spielberg che avrebbe ottimizzato il libro più essenziale e sintetico di David Kertzer, Prigioniero del Papa; dall’altro l’attenzione da topo d’archivio, a dire il vero abbastanza inconsueta per Bellocchio abituato sì a fare i conti con la storia ma ridisegnandone oniricamente le coordinate visive, verso le fonti dirette, i documenti storici tout court come gli atti processuali. Avvalendosi della consulenza della storica Pina Todaro, Bellocchio ha spiegato che, appunto, “sarà un film di ricostruzione storica” scritto durante il lockdown dovuto al Covid.

Alla base di ogni possibile versione cinematografica c’è il caso reale del “rapimento” del bambino bolognese avvenuto il 23 giugno del 1858. Edgardo, figlio di una famiglia bolognese di origine ebrea, fu segretamente fatto battezzare dalla domestica che credeva potesse morire da un momento all’altro; ma pur essendo nato in una famiglia ebraica secondo le leggi dello Stato Pontificio doveva crescere cattolico. Giunto a Roma il bimbo finì nella Casa dei Catecumeni dove vivevano i convertiti ebraici, poi gli venne vietato di rivedere i genitori per anni, fino a quando nel 1867 studiò per farsi prete. Nemmeno la breccia di Porta Pia poté granché: il ragazzo fu ordinato sacerdote in Francia e non vide mai più, oramai volontariamente, la famiglia bolognese. Il caso Mortara divenne presto uno scandalo internazionale di cui si parlò perfino negli Stati Uniti. Anche se la protesta più plateale fu di Cavour pronto a criticare il neoalleato francese che proteggeva con le sue guarnigioni papa Pio IX e il Sant’Uffizio, sotto la cui egida si era compiuto il gesto incriminato che per molti commentatori europei fu una violazione dei diritti dell’uomo. “È come se la storia di Mortara passasse attraverso snodi storici strategici, tra cui la caduta del potere temporale del Papa – ha affermato Bellocchio – Il film non potrà seguire tutta la vita di Mortara, morto a novant’anni. Si partirà con il suo rapimento per finire, parlando in termini lineari, con la presa di Porta Pia”. Insomma un Bellocchio antidogmatico, e per certi versi fortemente anticlericale un po’ come in uno degli ultimi baluginii di dirompente ribellione conformista coma la bestemmia ne L’ora di religione. “Il mistero della conversione” sarà il cuore del film. “Ma non nel senso di Messori che dice che si era veramente convertito – chiosa – Si parte dalla indubbia violenza terribile perpetrata verso un bambino e dovuta al fanatismo religioso, l’idea che in nome di una fede si potesse fare tutto. Non sarà possibile farlo ma si potrebbe immaginare il nostro Mortara che si ritira in Belgio e muore nel ’40, avendo visto le croci uncinate, il nazismo, la nuova violenza contro il popolo ebraico”. Il titolo provvisorio è La confessione. Alla sceneggiatura stanno lavorando Stefano Massini (all’esordio come sceneggiatore) e la regista Susanna Nicchiarelli. Producono: IBCmovie di Beppe Caschetto, Kavac Film con Rai Cinema.

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