Una certezza: i Benetton cederanno il controllo di Autostrade, dopo vent’anni la rete in mano pubblica. Un’incognita: quanti soldi incasseranno alla fine i Benetton? In questo punto interrogativo c’è la risposta alla domanda “chi ha vinto?“. Sul piano finanziario, bisogna attendere per dare risposte nette. Sul piano politico, una vittoria il governo l’ha però già portata a casa: dopo settimane di scontri e tensioni la maggioranza sembra aver trovato la quadratura del cerchio e si ricompatta in vista delle prossime, non meno delicate, sfide, come Mes e Recovery fund. La maratona notturna su Autostrade è durata sei ore, al termine il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato di “qualcosa di assolutamente inedito nella storia della politica italiana”.

PERCHÉ IL TITOLO DI ATLANTIA E’ DECOLLATO? – Nella prima giornata dopo l’annuncio, in borsa il titolo di Atlantia, la società che controlla Autostrade, è volato. Il balzo potrebbe far pensare che, secondo il mercato, l’affare l’hanno fatto gli azionisti a cominciare dalla famiglia veneta. Non è detto sia così. In questi giorni Atlantia aveva perso molto, sul timore che si andasse allo scontro e che la società si sarebbe trovata senza le risorse per far fronte alle richieste dei creditori, dopo che il risarcimento in caso di revoca era stato ridotto da 23 a 7 miliardi. I debiti che fanno capo al gruppo sfiorano infatti i 20 miliardi, la fine della concessione e l’esiguità del rimborso avrebbero configurato una situazione di default. Per ora, formalmente, l’opzione revoca rimane e sarà uno dei temi delle trattative delle prossime settimane. Si tratta però di una possibilità ormai molto remota. Gli investitori hanno insomma tirato un sospiro di sollievo e premiato il titolo per lo scampato pericolo. Le azioni sono tornate sui valori di due settimane fa ma valgano ancora il 40% in meno rispetto a febbraio, quando è stata decisa la riduzione dell’eventuale risarcimento per la revoca. Respirano anche i 40 mila piccoli azionisti di Atlantia e i possessori di un bond da 750 milioni di euro interamente collocato tra i risparmiatori. Smentito chi parlava di “danni ai piccoli”: nei giorni scorsi, ad esempio, il leader della Lega Matteo Salvini, aveva accusato il governo di mettere a rischio anche piccoli azionisti ed obbligazionisti, annunciando un ricorso alla Consob, l’autorità che vigila sui mercati finanziari.

COME SARÀ IL NUOVO ASSETTO? CHE RUOLO AVRANNO I BENETTON? – Ricapitoliamo brevemente cosa si è deciso nella notte. Oggi i Benetton possiedono il 30% di Atlantia, società quotata in Borsa, che a sua volta ha in mano l’88% di Autostrade. I Benetton hanno insomma il 30% dell’88% di Autostrade vale a dire il 27% circa. Di questo 88%, il 33% passerà a Cassa Depositi e Prestiti, “braccio armato” del ministero dell’Economia che gestisce i risparmi postali degli italiani e che diventerà così azionista di maggioranza e “padrone” di Autostrade. Un altro 22% dovrebbe invece essere ceduto da Atlanti ad altri azionisti graditi a CDP, forse il fondo F2i, Poste o altri investitori istituzionali. Ad Atlantia resterebbe così il 33%, un terzo di questa quota, circa il 10% rimarrebbe quindi, per ora, ai Benetton. Questa operazione, anche per ragioni politiche, non verrà realizzata comprando le quote direttamente da Benetton ma principalmente con un aumento di capitale. Ossia CDP verserà soldi nel capitale di Autostrade, aumentandone la dimensione della società. In pratica la torta diventa più grande. Per le tasche degli azionisti cambia poco. Non ricevono subito i soldi ma chi prima aveva il 20 di qualcosa che vale 50, si troverà con il 10 di qualcosa che vale 100: sempre 10 avrà in mano. Cambierà di certo la composizione del CDA: con il 55% Cdp e soci “amici” approveranno la loro lista di consiglieri spingendo i Benetton fuori dalla stanza dei bottoni.

QUANTO COSTERÀ A CDP ENTRARE IN AUTOSTRADE? Quanti soldi dovrà sborsare CDP per salire al 51% di Autostrade? Questo è il punto cruciale che verrà deciso in una trattativa che inizierà il 27 luglio. Solo allora si capirà meglio da che parte pende la bilancia dell’operazione. Certo è che per arrivare a determinare la cifra servirà anche l’accordo dei Benetton. “In ogni caso non si tratterà certo di un esproprio proletario, i Benetton cadono in piedi”, commenta un grande esperto di bilanci e operazioni finanziarie come Giovanni Natali. Difficile fare ipotesi precise. In teoria calcolare il valore di una società i cui introiti sono stabili e prevedibili, come nel caso dei concessionari, è semplice. Il problema sta nelle incertezze giuridiche e normative che si sono accumulate in questi due anni. A cominciare dall’entità del rimborso che verrebbe pagato in caso di revoca, ridotto da 23 a 7 miliardi ma a rischio di illegittimità. Le stime più recenti, precedenti all’intesa di ieri notte, attribuiscono un valore ad Autostrade intorno ai 6 miliardi di euro. La fetta in mano ai Benetton varrebbe quindi circa 1,5 miliardi di euro. Ma prima di febbraio e della riduzione del risarcimento la società veniva valutata quasi il doppio. Il nuovo accordo include la rinuncia da parte di Atlantia a ricorsi contro la misura del Milleproroghe ma non esplicita che la cifra debba rimanere quella dei 7 miliardi. Possibile che anche questo punto sia oggetto delle trattative per la definizione del prezzo finale dell’operazione. I Benetton accettano anche di rinunciare a tutte le altre cause contro lo Stato e di rivedere il sistema dei pedaggi a beneficio dell’utenza. Confermati i 3,4 miliardi di risarcimenti per i danni causati dal disastro di Genova.

QUANDO AVVERRÀ LA QUOTAZIONE IN BORSA? – Il passaggio successivo all’ingresso di CDP prevede che Autostrade venga quotata direttamente in borsa. A quel punto ci sarà spazio per l’ingresso di nuovi investitori e per un ulteriore disimpegno dei Benetton (con un guadagno aggiuntivo dato dalla vendita della quota residua). Già oggi tra gli azionisti di Autostrade ci sono il gruppo assicurativo tedesco Allianz (7%) e il fondo cinese Silk Road (5%). Il fondo statunitense Blackstone, che avrebbe il gradimento di Cdp, e quello australiano Macquarie starebbero già studiando il dossier.“Entro settembre ci sarà il primo passaggio di perdita di controllo, un processo molto rapido“, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli in merito alle tempistiche di uscita di Atlantia. “L’intero processo- ha aggiunge- durerà più o meno un anno“.

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