Già uscito qualche anno fa in versione home video dopo il divorante successo di sala e i 6 Oscar tecnici, giunge per la seconda volta agli occhi del pubblico non solo con il suo titolone rimaneggiato per l’occasione Mad Max: Fury Road Black & Chrome Edition.

Detto così, i profani potrebbero essere intimoriti da questo quarto capitolo in bianco e nero dell’omonima saga action-distopica ad opera di George Miller. Parlavamo in un altro post proprio del sogno di questo cineasta, virare cioè tutto il film in bianco e nero, per lui la migliore versione possibile. In realtà, in quel periodo ci stava lavorando, e ora che Warner Bros ha ripubblicato questa variegatura pop-autoriale appena visionata (ma edita inizialmente nel 2017), possiamo affermare che ne è valsa la pena.

A parte il gadget-spilla per i collezionisti, in questa speciale steel edition troviamo in un solo cofanetto d’alluminio ben 3 dischi. Due Blu-Ray, di cui uno con il film e l’altro con i contenuti extra, mentre il terzo raccoglie l’intera versione in 4K. La nuova veste esalta la qualità visiva del film. Ha ragione Miller nel dire (nella breve introduzione al disco) che la potenza di alcuni colori simbolo viene meno, come ad esempio il rosso della chitarra elettrica divenuta piccolo elemento cult di genere.

Ma in questo black/white le cromature del deserto ricordano quelle di certe lucentezze nei cerchioni automobilistici. Ed essendo di fronte a un film che punta tantissimo sulle invenzioni a quattro ruote, la “decolorazione” rende la visione estremamente più organica e artistica, perché camuffa con estrema naturalezza molte digitalizzazioni un po’ troppo iperreali.

I contenuti speciali restano più o meno gli stessi della prima versione 3D su disco, ma nei 90 minuti di backstage e scene tagliate si trovano anche accenni alla veste cromata di questa rombante operazione pop. Come quelli del production designer Colin Gibson, che tra i vari interventi di attori e crew tecnica parla proprio del nuovo mantello cromatico del film.

Ci sono scene dove l’abbraccio tra il bianco e il nero del crepuscolo si fa bluastro plumbeo creando atmosfere infernali come gli incubi ad occhi aperti di Max Rockatansky. Così i protagonisti Charlize Theron e Tom Hardy acquisiscono una verve più intensa e profonda, qualità che abbraccia tutto il cast in verità. Una versione che incornicia i loro personaggi in un’estetica tendente al leggendario per il genere e di estetica potenzialmente eterna. Molti fotogrammi del film erano già degni di sbocciare come quadri e la B&C Edition ne rafforza la chance.

“Certo” direte “ma è sempre la solita trovata di marketing: si trascina un film spremendolo e ripremendolo al massimo come un limone, e l’incasso è fatto”. Potrebbe darsi. Però dovrete ammettere una certa superficiale banalità di questo pensiero. Se invece, a parte il risultato cinematograficamente artistico notevole a prescindere da qualsiasi operazione commerciale, questo spendidamente decolorato Mad Max potesse approdare alle sale dei molti paesi che non lo hanno visto, o alle arene italiane, con buona probabilità attirerebbe anche molto pubblico: una boccata di aria fresca di cui l’industria cinematografica avrebbe bisogno proprio ora.

Sarebbe utile per allentare lo stallo che, in questo periodo misto a timore, piena pandemia in America e stato d’emergenza ancora non cessato in diversi paesi europei e del mondo, si è creato insieme a inevitabili sacche d’incertezza generale. Certo, sempre rispettando a menadito ogni trafila per sicurezza e distanza sociale.

Curioso è il fatto che proprio Tenet di Christopher Nolan, guarda caso sempre di casa Warner, e ormai con l’uscita più volte rimandata, si presenti come il film più atteso dell’anno. Il titolo che probabilmente aprirà dietro di sé nuova fiducia nel cinema in sala, tante successive uscite di major di nuovo al cinema, e, auspicabilmente, a cascata anche quelle di tante altre distribuzioni operanti nei cinque continenti.

Parliamo di cinema su scala globale, di un’industria culturale attualmente piegata dal Covid-19. Allora in tempi di infettività ancora molto sospetti, il mercato globale dell’entertainement non dipenderà soltanto da cure, vaccini e discutibili presidenti americani, ma anche dalle scelte commerciali e strategiche di grandi major.

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