Favolacce e Pinocchio trionfano un po’ alla “manuale Cencelli” ai Nastri D’Argento 2020. Miglior film per l’opera seconda dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, miglior regia per Matteo Garrone. Poi a seguire: altri 4 Nastri per Pinocchio (attore non protagonista a Roberto Benigni, scenografia, montaggio, suono in presa diretta) e altri 3 per Favolacce (sceneggiatura, fotografia, produttore) con il cencellianissimo ex aequo su Massimo Cantini Parrini che è costumista sia per Pinocchio che per Favolacce. I premi dell’anno conferiti dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI) nell’era Covid-19 riserva quindi il sorpasso delle nuove leve lynchiane – D’Innocenzo – sul “vecchio” sparigliatore di carte altrettanto sui generis – Garrone.

Tanto Pinocchio è la glaciazione lugubre e funerea del testo di Collodi, quanto Favolacce è uno destabilizzante e conturbante coacervo di irreali storie di periferia con casetta (all’americana, alla Velluto blu) nell’evo attuale. Un legame c’è. Ed ovviamente i premi siffatti lo hanno sottolineato implicitamente. SNGCI che, tra l’altro, ha anche voluto assegnare il Nastro d’argento come miglior attore a Pierfrancesco Favino per il suo mimetico, assoluto, Craxi di Hammamet e quello per la miglior attrice (con fatica perché non c’erano ruoli, si è detto?) per Jasmine Trinca ne La dea fortuna. Zampatona diabolica anche dei fratelli Avati, Pupi e Antonio, che sgraffignano il Nastro d’Argento per il purissimo horror Il signor Diavolo. Mentre nella categoria birichina, alla Globe, o anche solo per antico snobismo e un po’ di sporco sulla coscienza, del Nastro per la Miglior Commedia ecco Figli con Mastandrea e la Cortellesi (entrambi impalmati, pardon, nastrizzati) come migliori attori comici, maschio e femmina (sperando che Michela Murgia non si arrabbi).

Miglior colonna sonora per Brunori Sas (Odio l’estate) ex aequo con Pasquale Catalano (La dea fortuna), e miglior brano ancora per il pop d’autore contemporaneo (sotto l’effetto stupefacente di Sanremo) per Diodato con il pezzo Che vita meravigliosa che albeggia sempre nel film di Ozpetek, La dea fortuna. Last but not least: serata dedicata all’improvvisa scomparsa di Ennio Morricone con un Nastro d’Oro (davvero? Ancora? Ha senso?) per Vittorio Storaro, un mahatma della fotografia nel cinema (Apocalypse Now, Novecento, L’ultimo imperatore), oggi alle prese con i set (artisticamente parlando s’intende) frusti dell’ultimo Allen come Un giorno di pioggia a New York.

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