Federico Caprilli: chi era costui? Fu un Capitano di Cavalleria dell’Esercito Italiano, livornese, morto nel 1907, che ebbe una incidenza straordinaria sul “come” si doveva cavalcare un cavallo. Fu l’inventore del “Sistema Naturale di Equitazione”, oggi applicato nel mondo intero. Fu una modifica banale (ma importantissima) che ribaltava il “modo” di stare e condurre il cavallo: allora, fra l’altro, mezzo di trasporto veloce per eccellenza da millenni.

Da un assetto rigido nel quale il cavallo doveva adattarsi alle posture e ai movimenti del cavaliere, Caprilli intuì che occorreva proprio assumere un atteggiamento opposto: era il cavaliere che doveva assecondare la naturale movenza del cavallo: rendendo così l’insieme cavallo-cavaliere molto più efficiente e, oltretutto, molto più riposante sia per il cavallo che per il cavaliere.

Ciò che propongo, a valere sulla industria manifatturiera italiana (“food” e “fashion” esclusi) potrebbe essere qualcosa di parallelo: ho avuto una profonda esperienza manageriale nelle grandi aziende ma – e questo è quello che spero venga considerato a fondo – anche un periodo quasi ventennale di consulenza (per mia scelta) di direzione aziendale nelle Imprese padronali, a gestione accentrata (detesto il termine fuorviante di Pmi).

Mi sono reso conto (sintetizzando) di quanto segue. Con le dovute eccezioni, quattro sono fondamentalmente i punti deboli (debolissimi, direi), di questo mondo economico: la limitata dimensione dei capitali propri, la molto limitata capacità di “visione” della domanda internazionale relativa alle loro potenziali produzioni, la limitata e tenacemente persistente “cultura aziendalistica” troppo spesso confinata nelle sole visioni “amministrative” e, last but not least, un enorme attaccamento alla propria “proprietà” non addolcito da una efficiente disponibilità a condividerla con terzi.

L’insieme di questi condizionamenti porta a occupare merceologie e aree di mercato quasi obbligatoriamente confinate all’interno di business di subfornitura: il che significa obbligatoria mortificazione delle spinte che possono provenire dal “made-in-Italy”, dal design italiano e dall’estro italiano.

La ricaduta più negativa da questa sorta di “paresi imprenditoriale” consiste nel fatto che abbiamo condotto il nostro Paese Manifatturiero proprio in quell’area di mercato manifatturiero più battagliata, più controllabile dai buyers, meno fidelizzabile e last but not least, meno remunerativa. Perché non contatta per nulla il “consumatore finale” (end-user).

Oltretutto, se operi in quel settore non puoi:

a) fare pubblicità,
b) essere sostenuto dallo Stato Italiano con azioni vigorose promozionali,
c) fare leva su componenti emotive (importantissime) della decisione d’acquisto da parte del compratore. Complimenti al sistema dirigente del Paese.

Qui necessita come il pane un intervento alla ‘Caprilli’… La crisi profonda di questa situazione esige una soluzione, che non può che provenire da un “indirizzo” (non coercitivo né obbligatorio ma semplicemente “pilotato”) della politica manifatturiera dell’Italia. Politica di cui, da almeno trent’anni, non si vede né traccia né odore né ombra.

Gli obiettivi obbligatori sono:

1. Tutelare rigidamente le singole proprietà azionarie degli attuali imprenditori;

2. Risolvere la limitatezza dei capitali propri derivanti dall’assurdo frazionamento della nostra società manifatturiera con metodi che non richiedono immissioni di capitali freschi;

3. Premiare e sostenere quelle aziende che producono beni “da catalogo” (Oem): e cioè quelle aziende che puntano al contatto diretto con l’end-user, e non con altre aziende-capofila (premiare chi fa la motocicletta, non chi fa oggi componenti per motociclette offerti a clienti-random);

4. Premiare quelle imprese che producono componenti (subfornitura) ma che si mettono “in rete” con aziende Oem;

5. Scoraggiare quelle imprese che insistono nella “navigazione solitaria” da puri “fornitori” e che rifiutano di assumere un ruolo “in rete” da collaboratori;

6. Costruire un Sistema-Paese di promozione nel mondo, cosa che si può efficacemente fare soprattutto con aziende Oem, con promozioni ed esposizioni di nostri prodotti. Inefficace se non inutile per le aziende di subfornitura…

Utopia? No, affatto: è già realtà operativa, ma pochissimo conosciuta da noi. La moderna tecnica di conduzione aziendale (quasi ignorata nelle nostre aziende a gestione monocratica – Pmi) consente di realizzare tutte queste condizioni con davvero poca spesa: basta un governo attento e innovativo che elabori questo dispositivo manifatturiero.

Non è un caso che gli stranieri cerchino di comprare quelle poche aziende “Oem” e non mostrino soverchio interesse per le aziende di subfornitura… Questa tecnica è molto applicata nel mondo e, udite udite, un pochino pure da noi: si chiama “impresa olonica”.

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