Scarcerazione di Carminati? Da cittadino romano sono arrabbiatissimo, perché ho visto quello che ha fatto coi suoi complici in questa città e io l’ho toccato con mano da assessore alla Legalità. Quindi, veder tornare libera una persona col suo curriculum criminale mi fa male. Ma da magistrato non non posso che prendere atto che queste sono le regole del nostro Paese. E meno male che esistono queste regole“. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, dal magistrato Alfonso Sabella, ex sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo e oggi giudice del Tribunale del Riesame di Napoli.

L’ex assessore alla Legalità di Roma Capitale spiega: “Carminati è uscito per un problema di carattere tecnico-giuridico, ma anche per delle norme di civiltà che sono dentro il nostro codice di procedura penale. Carminati esce perché ha fatto 5 anni e 7 mesi di carcerazione preventiva. Carminati ha scontato più dei due terzi della massima pena prevista per il reato più grave, che in questo caso è la corruzione e non è più l’associazione mafiosa. Diciamo la verità: in un Paese civile oltre 5 anni di carcerazione preventiva sono abbastanza“.

E aggiunge: “Nelle settimane scorse c’è stata una polemica sui boss scarcerati a seguito della circolare sull’emergenza covid. Pensate a me quanto sia costato, da uomo, ma anche da professionista, sapere che uno dei carnefici del piccolo Giuseppe Di Matteo, che avevo faticato tanto a individuare e a far condannare all’ergastolo, era tornato libero, perché il Dap non aveva trovato un posto per curarlo adeguatamente. Ci ho sofferto e ci sono rimasto malissimo. Ma se il nostro Paese non è in grado di garantire la tutela del diritto alla salute anche al più pericoloso dei boss, è giusto che questo boss torni a casa. Il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione ed è giusto riconoscerlo a tutti, che si chiamino Totò Riina o Gennaro Esposito. Ma il nostro è anche un Paese che vive di impressioni”.

Il magistrato si pronuncia sull’iniziativa del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha delegato l’ispettorato generale del ministero a svolgere verifiche preliminari sulla scarcerazione di Massimo Carminati: “E’ giusto che il ministro faccia tutti i suoi accertamenti, ma in questa vicenda non so quali errori ci potrebbero essere. La vedo difficile ipotizzare errori o ritardi. Si è trattato di un processo ‘sui generis’, che paradossalmente ha avuto una durata abbastanza breve rispetto all’andazzo di altri processi con centinaia di testimoni, come questo, e con migliaia e migliaia di carte da esaminare. Purtroppo la politica tende troppo spesso a parlare alla pancia del Paese anziché educarlo. Bisognerebbe spiegare che certe cose, per quanto possano sembrare strane e creare indignazione, rientrano nello Stato di diritto, che ha scelto queste regole appartenenti al suo patrimonio genetico. E meno male, perché lo Stato è diverso dalla mafia e dalla criminalità”.

Commento finale di Sabella sulla caduta dell’accusa di associazione mafiosa a Buzzi e a Carminati: “Quando arrivai al Campidoglio come assessore alla Legalità, dissi subito che al Comune di Roma trovai tanti segnali di corruzione, una scalabilità dell’amministrazione romana, regole piegate agli interessi privati, ma non trovai mafia. Lo dissi allora e non posso che confermarlo oggi. La questione di mafia capitale è una questione di carattere tecnico che può appassionare gli esperti di diritto o i magistrati come me – conclude – Ma da cittadino romano, da italiano, che cosa me ne frega se giuridicamente rientra nell’articolo 413 bis o 416, quando quelle indagini hanno messo in luce un sistema devastato, un sistema pubblico piegato agli interessi privati, un sistema in cui il denaro pubblico non veniva speso per fare il bene dei cittadini ma per ingrassare le tasche di questi signori?”.

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